La nuova geografia dell'export delle Pmi
L’apertura internazionale è la chiave di volta della crescita economica. Le nostre piccole e medie imprese rappresentano un patrimonio di eccellenza riconosciuto in tutto il mondo; tuttavia, i processi di crescita all’estero portano con sé difficoltà e impedimenti. Ecco come affrontarli

L’apertura internazionale è la chiave di volta della crescita economica, soprattutto per un paese come l’Italia a vocazione manifatturiera. Le nostre piccole e medie imprese rappresentano un patrimonio di eccellenza riconosciuto in tutto il mondo, tuttavia i processi di crescita all’estero portano con sé difficoltà e impedimenti proprio per le imprese di minori dimensioni, specialmente in un contesto multipolare e di grandi cambiamenti come quello attuale. Il contributo della professoressa Sara Armella, uno dei maggiori esperti europei in materia doganale, ci permetterà di avere una prospettiva inedita che guarda all’export delle Pmi partendo dal diritto doganale come leva per l’espansione sui mercati internazionali, soprattutto alla luce di una scarsa conoscenza e applicazione da parte delle Pmi.
PRINCIPALI DIFFICOLTÀ ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE
«L’Italia è il sesto Paese al mondo per volumi di esportazioni, confermando anche una forte propensione per le importazioni, relativamente alle quali si colloca all’ottavo posto nella classifica degli scambi mondiali. Un risultato importante, a cui ha contribuito moltissimo il tessuto delle Pmi, che ormai si estende oltre i confini europei vendendo in tutto il mondo, grazie alla possibilità di raggiungere un pubblico qualificato con internet e i social» chiarisce la professoressa Armella, presidente della Commissione Dogane & trade facilitation della sezione Italiana della International Chamber of Commerce e delegato italiano presso la Commission on Customs and trade facilitation della Icc di Parigi, nonché docente di diritto doganale all'Università Bocconi, Statale di Milano e Università La Sapienza di Roma oltre che accademico del diritto doganale della International Customs Law Academy - Icla.
«Le principali difficoltà all’internazionalizzazione sono legate ai cambiamenti epocali dal punto di vista della politica internazionale, che hanno un grande impatto per l’economia e le imprese. Nell’ultimo World economic outlook dell’ottobre 2023, il Fondo monetario internazionale ha definito con una parola, “frammentazione”, questa nuova fase in cui i Governi perseguono obiettivi strategici di sicurezza nazionale e autonomia, adottando nuove misure restrittive. Le misure protezionistiche in vigore nel mondo hanno raggiunto la cifra record di 3.000, tra dazi, sanzioni e quote di esportazione: sapersi muovere in questa babele di regole e divieti rappresenta oggi un fattore competitivo fondamentale. Per vendere all’estero occorre un ottimo prodotto e una buona capacità logistica, ma non dimentichiamo il terzo fattore: saper arrivare nel mercato estero nel pieno rispetto della normativa di riferimento, questo evita blocchi in dogana, liti con il cliente e costi evitabili».
DIRITTO DOGANALE: UNA LEVA PER L’ESPANSIONE

L’apertura agli scambi internazionali rappresenta una determinante fondamentale per la crescita dell’impresa. Tuttavia, all’attrattività di un mercato vasto e con elevate potenzialità si contrappongono le problematicità legate alle barriere doganali. Qual è, dunque, oggi il ruolo del diritto doganale e come può diventare una leva per l’espansione sui mercati internazionali?
«Il diritto doganale ha un ruolo sempre più centrale nell’attività delle aziende. Nel 2022 vi è stato un incremento delle misure restrittive del commercio internazionale nel suo complesso, che sono state di 3,5 volte maggiori rispetto al periodo pre pandemico. La paralisi degli scambi internazionali dovuta all’emergenza Covid-19 ha spinto Governi e imprese a valutare un diverso modello produttivo, dove la Cina non si ponesse più al centro, come “fabbrica del mondo”, specie in settori strategici per la sicurezza nazionale o per la salute della collettività – spiega – Ma il diritto doganale riserva anche molte fondamentali agevolazioni per chi opera con l’estero, grazie alla più importante rete di accordi di libero scambio. L’Unione europea, infatti, ha concluso 42 Accordi che interessano gli scambi con 74 Paesi, ai quali le Pmi possono accedere senza barriere e tariffe, con evidenti vantaggi competitivi. Conoscere le regole applicabili al proprio settore di riferimento consente alle imprese di arrivare sui mercati esteri senza dazi alla frontiera e nel rispetto degli standard tecnici locali. Un altro grande vantaggio competitivo è rappresentato dal superamento delle procedure tradizionali di rilascio dei certificati di origine preferenziale dei prodotti. Oggi con una semplice autorizzazione doganale è possibile per la Pmi dichiarare direttamente in fattura l’origine della merce, che approda nel Paese di destinazione senza colli di bottiglia alla frontiera e con dazio zero all’importazione».
EXPORT: QUALI PROFESSIONALITÀ

Le Pmi italiane realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato, contribuendo al 48% dell’export nazionale. Un trend che secondo le previsioni elaborate dall’Ufficio Studi di SACE ha una prospettiva di crescita del 4% nel 2024 e del 3,2%, in media, nel biennio successivo (2025-2026), quando si supereranno i 300 miliardi di euro. Qui si innesta il tema delle professionalità interne alle Pmi che, a differenza delle multinazionali, spesso non hanno al loro interno figure dedicate ed esperte sui temi internazionali. Come le Pmi possono affrontare questo nodo?
«In trent’anni di esperienza nel settore, mi sono convinta che il vero salto di qualità è coinvolgere il personale della Pmi, accrescendone preparazione e aggiornamento, con un piano di formazione aziendale studiato su misura – chiarisce – La buona riuscita di un piano di export dipende non solo dall’ottima qualità del prodotto, ma anche dalla capacità delle imprese di dotarsi di un’organizzazione aziendale preparata e aggiornata a competere nei mercati internazionali».
DIRITTO DOGANALE E PIANIFICAZIONE AZIENDALE

Con l'evolversi di un paradigma mondiale multipolare, sempre più Pmi dovranno imparare a relazionarsi con un terreno economico e sociale in rapida evoluzione. Ma qual è la conoscenza in merito al diritto doganale (e la relativa applicazione) da parte delle Pmi? E come implementare questi temi nelle strategie aziendali?
«Secondo una recente survey condotta dal centro studi di Arcom Formazione, la maggioranza delle imprese (50,6%) non segue programmi adeguati di aggiornamento sul commercio con l’estero e il 50,8% ha ammesso di non essere dotata di procedure interne di prevenzione dei rischi doganali e di aggiornamento circa divieti, limitazioni, contingenti previsti per l’import e per l’export. Altro aspetto fondamentale: il 18% delle imprese che esporta prodotti contrassegnati dal “made in Italy” ha dichiarato di non avere valutato gli standard necessari per l’apposizione del marchio, mentre l’8% non è informata circa le responsabilità, anche di natura penalistica, derivanti da suo utilizzo scorretto». Paola Mattavelli