Meno giovani, più stranieri in azienda: tre anni dopo come è cambiata la situazione?

Sono sempre di più le aziende, soprattutto Pmi, che faticano a trovate occupati. E che, per continuare a lavorare, assumono immigrati. Ne avevamo parlato nel 2021 con un viaggio nelle imprese e un docufilm. Nel 2024, con il problema demografico aggravato, siamo tornati. E abbiamo trovato sempre più stranieri: «Il manifatturiero sconta un pregiudizio culturale tra i giovani»

Si parla sempre sempre più spesso di Inverno Demografico, difficoltà nell'assumere giovani e mismatch di competenze. I dati, lo vedrete nell'articolo che segue, certificano che tutto ciò non è uno spauraccio: è l'attualità, la quotidianità per tutte le imprese, soprattutto per le Pmi.

Per questo abbiamo deciso di capire se, tra le soluzioni individuate dagli imprenditori, ci sia l'occupazione della manodopera straniera. Lo abbiamo fatto a tre anni da una prima analisi sul campo del fenomeno dell'assunzione di immigrati nelle nostre realtà produttive e di servizio. 

Abbiamo risentito le medesime aziende ascoltate allora e abbiamo cercato di capire come sono cambiate, per loro, le cose. Qui di seguito un primo risultato. Ma non ci fermiamo. I prossimi approfondimenti riguarderanno nuove imprese e le strategie adottate dalle Pmi per ingaggiare i giovani. Seguiteci! 

 

Stranieri in azienda

Entro il 2040, nelle imprese del Nord Italia serviranno due milioni di stranieri in più. Lo dice l’ultima nota della Fondazione Nord Est. Che sottolinea: «Le contromosse dell’attrazione dei giovani, della più alta occupazione femminile e dell’allungamento della vita lavorativa non basteranno a compensare il calo dai 27,4 milioni di lavoratori del 2023 ai 25,1 milioni dei prossimi anni». Per affrontare il problema, dovuto anche alla grande crisi demografica che sta affrontando l’Italia ma non solo, servirà quasi un milione di lavoratori stranieri aggiuntivi. Che, contando le loro famiglie, saliranno a due milioni.
Nel 2021, Confartigianato Imprese Varese aveva toccato con mano il problema con un’inchiesta tra alcuni imprenditori che, proprio nell’immigrazione, hanno trovato una soluzione alla scarsità di manodopera italiana. Dopo tre anni, abbiamo contattato nuovamente quelle aziende per cercare di capire se e come la situazione è peggiorata o migliorata.

Ecco come è andata.

Stranieri in azienda

I POSTI SCOPERTI, NELLE PMI, SONO IL 48,1%

Il fenomeno viene mappato anche da Confartigianato: la quota di dipendenti stranieri nelle imprese è del 14,8% e sale al 17,1% nelle Pmi. Inverno demografico e gap tra domanda e offerta di lavoro, soprattutto se qualificato, viaggiano sullo stesso binario: nel 2023 le imprese italiane indicavano difficoltà di reperimento per il 45,1% del personale necessario, 2.484.690 posti rimasti scoperti. A giugno 2024 la quota sale al 47,6%, 270mila persone soltanto in questo mese. Il problema è ancora più grave per le piccole imprese, che nel 2023 non hanno trovato il 48,1% di manodopera richiesta, una quota che balza al 55,2% per le imprese artigiane.

La ricerca di personale ha tempi medi di 3,3 mesi; più di un anno per trovare operai specializzati. Tutto questo costa alle piccole imprese 13,2 miliardi di euro di minore valore aggiunto per quelle ricerche di manodopera che durano oltre 6 mesi.

L’INCHIESTA: I LAVORATORI STRANIERI NELLE IMPRESE

Nel 2021, Confartigianato Imprese Varese aveva raccontato il fenomeno con un’inchiesta e un docufilm tra lavoratori stranieri e imprenditori del settore manifatturiero. Il campanello d’allarme suonava incessantemente tra chi un lavoro lo voleva dare e chi, un lavoro, lo cercava. In quel 2021, come accade in questi ultimi tempi, il dibattito si concentrava su un semplice fatto: non manca il lavoro, ma i lavoratori. Soprattutto italiani.

La questione si ribaltava su una cultura lavorativa che, negli anni, si è indebolita. A dirlo erano gli stessi imprenditori: «Il manifatturiero ha perso appeal, così come l’educazione al lavoro che passa dalla manualità». Per toccare con mano come e se la situazione è cambiata in questi ultimi anni, abbiamo intercettato nuovamente le imprese coinvolte in quel 2021. E tra le tante conferme, c’è anche una “voce fuori dal coro”.

 

L’IMMIGRAZIONE SARA’ SEMPRE PIU’ UNA RISORSA

Partiamo dalle conferme: alcune aziende - Luigi Zuretti Srl di Mesenzana, La Minuteria Srl di Grantola, Alchimia Soap Srl di Olgiate Olona e Torneria Automatica Ribolzi di Cunardo – al bacino dei giovani lavoratori stranieri hanno guardato in passato e, se ce ne fosse bisogno, guarderanno anche in futuro. La loro, però, sembra essere una scelta imposta dai tempi.

 A fare una sintesi particolarmente riuscita dei tre problemi che attanagliano gli imprenditori è Pietro Zuretti: «Il calo demografico, il benessere diffuso che sottrae stimoli alle nuove generazioni (anche se non a tutti) e lo scarso appeal che hanno alcune professioni (soprattutto quelle legate al settore della meccanica) rispetto ad altre, portano le imprese a decisioni con le quali giocarsi il futuro. Lavoratori stranieri ne ho cinque: dal quel 2021 ne ho assunto uno a tempo indeterminato e un altro è in stage. I giovani italiani ci sono, ma probabilmente questo lavoro per loro non è sufficientemente accattivante».

C’è però un altro punto sul quale si concentra il titolare: «L’ondata immigratoria di oggi non è paragonabile a quella degli anni Novanta: chi arriva da noi vive una sorta di pre-integrazione facilitata dalla comunità di parenti che già lavorano in Italia e che possono aiutare con la lingua, le abitudini e i costumi italiani. Quindi, anche sul posto di lavoro hanno tutti gli strumenti per farsi capire e spiegare quello che stanno facendo».

https://youtu.be/JqyLpvPqEMw?si=XETaFKT4suZ22iRQ

SCARSO INTERESSE NELLA MANUALITA’

Italiani? «Le scuole con le quali collaboriamo ci chiedono continuamenti stage, tirocini e alternanza scuola-lavoro. Le stesse agenzie interinali propongono giovani italiani, ma quello che manca è l’entusiasmo, la curiosità, la voglia di mettersi in gioco. Non è corretto generalizzare, però sembra che gli italiani si avvicinino al mondo del lavoro un po’ in sordina: forse si è arrivati ad un livello di benessere che spegne qualunque stimolo».

A dirlo è Ester Ribolzi, co-titolare della Torneria Automatica Ribolzi: «Nonostante le difficoltà legate alla lingua, i lavoratori stranieri mostrano sempre un grande desiderio di voler imparare un mestiere. Purtroppo, ci si sta accorgendo di quanto la manualità non attragga i giovani e di quanto il manifatturiero stia scontando una sorta di pregiudizio culturale».

https://youtu.be/JqyLpvPqEMw?si=XETaFKT4suZ22iRQ

MANCANO STRUTTURE E SCUOLE: BISOGNA COLLABORARE

Anche Stefano Locatelli, titolare de La Minuteria, da quel 2021 ha assunto un altro ragazzo straniero: «Questa manodopera servirà sempre e segnerà il nostro futuro: i lavoratori stranieri saranno sempre più importanti». Però, il cambiamento deve interessare tutti: «Lavoratori e imprese non possono essere lasciati soli. A questi ragazzi e ragazze servono scuole dedicate appositamente ai bisogni degli stranieri: la lingua italiana non è facile, ed è proprio per questo che serve un affiancamento che li aiuti tanto nel lavoro quotidiano quanto nella vita. Insomma, si sente la mancanza di strutture con le quali poter compiere la loro integrazione».
Pierluca Crespi, titolare di Alchimia Soap, sta crescendo in modo esponenziale. E per affrontare questo cambiamento ha assunto sia italiani che stranieri, «perché nei prossimi anni mancheranno milioni di persone in età di lavoro. L’immigrazione sarà una risorsa perché, oggi come oggi, il problema sono i numeri: ci sono le aziende, in molti casi c’è anche il lavoro, ma non ci sono i giovani. L’economia, però, non si può fermare».

E lo stop non può colpire un’impresa che, nel caso di Alchimia Soap, sta registrando un aumento del fatturato di circa il 35%: «Ho assunto ragazze italiane e un ragazzo straniero entrato in azienda con un programma di Regione Lombardia: tirocinante, ho avuto il suo contatto dal Comune di Milano. Dopo quattro mesi, ha firmato il contratto a tempo indeterminato. Ha fatto un percorso scolastico, sta crescendo in azienda ed ora fa funzionare una delle due linee per la produzione di sapone».

«HO ASSUNTO DUE GIOVANI ITALIANI, E LO RIFAREI»

La “voce fuori dal coro” è quella di Alessio Travetti della Travetti Srl. Che dice: «Per quanto mi riguarda, da quel 2021 il mondo è cambiato in modo radicale: ho assunto con contratto di apprendistato due ragazzi italiani motivati e scrupolosi. Perché se il mondo è cambiato, anche l’imprenditore deve fare la sua parte».

E così Alessio Travetti ha deciso di investire su questi ragazzi: «Uno l’ho assunto subito dopo il colloquio; l’altro ci ha pensato due giorni e ha accettato. Se nei prossimi mesi dovessi assumere un altro collaboratore, scommetterei sugli italiani. Non ne faccio una questione di discriminazione, anche perché stranieri in azienda ne ho e sono più che soddisfatto, però mi sono accorto che con la giusta relazione e un dialogo costante i giovani non solo li trovi, ma te li tieni».

Quando Travetti parla di investimenti, cosa intende? Questo: «In azienda abbiamo organizzato riunioni motivazionali, mi metto sempre in discussione, rendo accattivante il nostro lavoro agli occhi dei più giovani e cerco di entrare nelle loro teste per capirne le motivazioni, i bisogni e gli obiettivi. Quando assumo un ragazzo non gli dico “l’orario è questo e devi fare questo”. Piuttosto, lo accompagno nel reparto dove avrà il suo posto e il suo ruolo. Gli spiego cosa l’aspetta e costruisco una relazione che, fino ad ora, si è dimostrata positiva».

L’INVERNO DEMOGRAFICO COLPISCE ANCHE LE COMPETENZE

Sempre secondo i dati di Confartigianato, nel 2023 le imprese cercavano 699mila lavoratori per gestire le tecnologie relative a intelligenza artificiale, big data analytics, internet of things e robot. Di questi, però, 381mila, il 54,5%, sono risultati di difficile reclutamento. La quota sale al 64,7% se si guarda alle piccole e medie imprese.

Per reagire alla carenza di personale, attrarre giovani talenti e trattenere i lavoratori con più elevate skills ed esperienza, il 66% dei piccoli imprenditori ha adottato una serie di strategie. In particolare: il 32,6% punta su aumenti salariali, il 28,5% su flessibilità degli orari di lavoro e il 24,9% sulla collaborazione con le scuole, soprattutto quelle ad indirizzo tecnico e professionale.

Al 72% dei potenziali lavoratori delle piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico con qualifica, oppure un diploma professionale o, ancora, una laurea in materie scientifiche, tecnologiche ed ingegneristiche (Stem).