Micro, macro, mega: sfide a tre dimensioni per le imprese in partenza verso l’anno prossimo

Il coordinatore del Centro Studi Imprese Territorio Antonio Belloni guarda alla fine dell'anno e a quello nuovo individuando le sfide di tre dimensioni che dovranno affrontare le imprese (e non solo loro): micro, macro e mega

Micro, macro, mega

A fine 2023, molte delle imprese italiane si sentono come una squadra di calcio di Seria A: felici di non esser retrocesse o di essersi ben piazzate; stanche per aver giocato contemporaneamente in Champions League, anche senza averla vinta; e spossate per aver accettato anche la sfida della Coppa Italia. 

La metafora ci semplifica un anno pieno di eventi difficili, avversari nuovi, imprevisti ed urgenze, calciatori infortunati a metà stagione (carenza o perdita di personale) e fatica impiegata per piazzarsi bene (buoni ricavi) ma senza vittorie consistenti (pochissimi margini). 

Incrociando le dita per augurarsi un futuro più profittevole, le imprese stanno tentando di programmare l’anno nuovo con tante domande sul presente che le aspetta. E possono trovare qualche piccola e timida risposta da cui partire.  

Le imprese devono affrontare sfide di tre dimensioni: micro, macro e mega. 

MICRO 

CHI HA VINTO PIÙ PARTITE NEL 2023? Le imprese con le “solite” caratteristiche. 

Hanno superato bene il 2023 le imprese con le stesse caratteristiche di chi ha affrontato bene la selezione naturale delle crisi precedenti: l’11 settembre del 2001, il crollo finanziario del 2007/2008, il debito sovrano del 2011, il Covid del 2020, la carenza di materie prime dal 2021 ed il conflitto in Ucraina dal 2022. 

CHE NE SARÀ DELL’EXPORT E DEL MADE IN ITALY? Non un dramma, ma più difficile di prima. 

I numeri sono buoni. Ma estetica, qualità intrinseca e brand non bastano più per vendere bene. Il mondo chiede ai partner commerciali sicurezza di forniture e prossimità politica, ingredienti più urgenti e solidi del Made in Italy tout court. Bisogna attrezzarsi cercando nuovi mercati e dimostrare concretezza.  

SU QUALI SETTORI PUNTARE? Quelli previsti nel 2023, ma di più.   

Li avevamo chiamati LITE: logistica, infrastrutture, trasporti, energia. Oggi siamo meno certi della E di energia, ed aggiungiamo la D di difesa – e tutta la sua filiera – spinta dalle commesse USA e UE, soprattutto l’Est UE. In ogni caso meccanica (nonostante il minor traino della Germania e la concorrenza asiatica e turca). 

E QUELLI CHE TREMANO? Il retail, tranne rare eccezioni. 

Eccetto i settori trainati dalla silver economy, il retail di moda (chiudono molti negozi) e tecnologia, casa e food & wine non ha davanti una strada garantita. Qualche impresa dovrà rispondere alla volatilità e qualcun’altra al calo netto delle vendite. Serviranno posizionamenti nuovi e una promessa di valore concreta. 

COME STANNO CAMBIANDO I CONSUMI? Velocemente e drasticamente. 

Micro, macro, mega

Cresce la tendenza a non spendere, che non vuol dire solo spendere meno, ma rinunciare all’acquisto. Più credito al consumo, anche per prodotti non costosi, e pochi soldi sul conto corrente (il 37% delle famiglie non può avere una spesa imprevista di 5mila euro). Più pagamenti flessibili e dilazionati. Meno mutui (per i tassi) e un bel punto di domanda per l’edilizia-costruzioni (vd. fine Bonus). 

CHE NE SARÀ DI RISPARMI ED INVESTIMENTI? Bene solo per chi è liquido e coraggioso. 

Chi non ha bisogno delle banche potrà fare buoni affari. Per chi è più tirato sarà più complesso. Anche se la tendenza generale di consumatori e famiglie ed anche delle imprese sarà a bloccarsi, almeno per un po’, per capire bene cosa fare – se spendere ed investire – nel secondo semestre.  

L’ILLUSIONE PIÙ DIFFUSA DEL 2023? Aumentare i ricavi non significa guadagnare. 

Per molte aziende i ricavi cresciuti sono un bel modo per battersi una pacca sulla spalla. Ma aumentare i ricavi per aver scaricato sui clienti l’inflazione (che non è sufficiente) non significa aver guadagnato in margini alla fine dell’anno. Un esempio? L’elettronica di consumo, ma anche la ristorazione ed il turismo. 

MACRO 

shutterstock 2204234635

C’È ALMENO UNA BUONA TENDENZA? Certo, l’ESG, ma va spiegata, formata, praticata. 

Spinte dalle normative, le imprese sono consapevoli di doversi adeguare. E il settore della fornitura si sta ben attrezzando: con manager adatti a portare l’ESG dentro alle imprese, per certificarla con audit e verifiche, per implementarla e consegnare la giusta autonomia operativa. Strada lunga e gran fermento

COSA SUCCEDE A LAVORO? Transizione confusa e ricerca di soluzioni su misura. 

Flessibilità oraria, settimana corta, tempo libero, smart working sono solo alcune delle tendenze in corso. Arrivano alla spicciolata e non vanno bene tutte ovunque. Molto positivo: le imprese non sono più scettiche, ma curiose. La realtà dice che andranno trovate soluzioni adatte a ciascuna. Si procede. 

COME STANNO I SALARI? Ovunque male, in Italia peggio, ma si muoveranno. 

Non è l’unico fattore su cui intervenire per migliorare il lavoro. Ma è l’unico che viaggia in carrozza con l’inflazione. E c’è una gran consapevolezza, anche tra le imprese, che sia giunto il momento di aumentarli. Bisognerà capire come e dove. E serviranno buone idee, perché non basta farlo “così”. 

FIN QUANDO GIRA L’INFLAZIONE? Meglio non pensarci. Vince chi si adatta, e la vedrà passare. 

Le promesse di riduzione sono infinite ma non arrivano mai da chi consuma. È il paradosso di un’inflazione che ha ragioni per resistere. Non basta finire una guerra, garantirsi forniture energetiche, trovare materie prime alternative, sganciarsi dagli Usa, smettere di convertirsi al green. Appunto. Adattarsi e resistere. 

CHE FARE CON I GIOVANI (POCHI) E I VECCHI (TANTI)? Serve sostenibilità generazionale. E formazione. 

Micro, macro, mega

La natalità bassa è diffusissima. L’invecchiamento anche, ed è una MEGA partita. Ma si gioca nell’ambiente dell’impresa dove serve una coesistenza proficua, basata non sui soldi ma sui tempi di lavoro. Il risultato positivo? La necessità di formazione per entrambe le categorie, per far girare le competenze. Ottimo. 

COSA SUCCEDERÀ ALL’AUTOMOTIVE? Forse ce lo dirà la Germania, non la Cina. 

Quelle green occidentali sono carissime (se ne trova una a meno di 20mila euro?) e i consumatori rispondono picche. Ecco allora quelle cinesi a basso prezzo (si erano preparati per tempo) e le case occidentali toppano le previsioni di vendita. E se metteranno la retro convincendo l’UE a posticipare i tempi della transizione? 

A PROPOSITO DI AUTO: E GLI INCENTIVI? Sono la nuova moneta corrente. 

Sono e saranno la biada per far correr il cavallo della transizione green. Ma servirà decidere se vogliamo diventare prima indossatori puliti (fashion) oppure guidatori puliti (auto) oppure inquilini puliti (casa) oppure mangioni puliti (cibo) oppure ancora viaggiatori puliti (trasporti). Tutto insieme non si può fare. 

MEGA 

Micro, macro, mega

CHE PARTE FARÀ LO STATO? Sempre più protagonista. 

Incentivi, bonus, agevolazioni sono solo alcuni dei vestiti che oggi si mette uno Stato sempre più prestatore, finanziatore, ed anche imprenditore. Ecco qualche esempio: 

  1. Politica industriale - anche fatta con PNRR (70 miliardi di lavori nel 2023) - che spinge infrastrutture, difesa e trasporti; 
  2. Ci si attrezza per costruire fabbriche di chip (in Francia giga-fabbriche), tornare alle minere e gestire col pubblico materie prime rare e critiche. 

Conseguenza? Aumenta il Public Procurement: son sempre di più le imprese che lavorano con commesse statali. Ma quelle che ne beneficiano, se non funzionano, non migliorano.  

ESISTE ANCORA LA GLOBALIZZAZIONE? Sì, ma le squadre cambiano e si improvvisa.   

Ogni paese, per ragioni politiche, cerca di ristabilire le proprie partnership commerciali. Nessun partner può essere dato per scontato, perché le relazioni sono sempre più complicate, si direbbe fluide. Pochissime promesse, e quelle fatte si possono anche disfare (vd. Via della seta). Navigazione a vista. 

LA GEOPOLITICA ENTRA IN AZIENDA? Eccome. 

Micro, macro, mega

Difficile comprare e vendere bene all’estero se i protagonisti cambiano, e si picchiano. La conseguenza pratica sull’economia? Embarghi, boicottaggi, sanzioni sono solo alcune delle incognite che arrivano da Iran, Usa, Israele, Ucraina e Russia, Cina e Taiwan, e magari chissà, domani dalla Turchia o dai Balcani. 

COSA PORTA L’INVECCHIAMENTO? Cambia il lavoro, cambia l’impresa, cambia la sanità. 

L’invecchiamento occidentale è una MEGA partita: influenza l’impresa (pronta a far rientrare i pensionati), il lavoro (serve una nuova convivenza con i giovani), e soprattutto la sanità (pubblica e privata). Un occhio in più su quella pubblica italiana: invecchiano anche i medici. E le conseguenze sono anche su imprese e lavoro. 

PER FORTUNA CI SONO GLI IMMIGRATI. Sì, ma… 

Accolti come forza lavoro utile e a basso costo. Poi come imprenditori di nuova generazione, professionisti e consumatori e contribuenti e genitori di figli sempre più rari. Occhio, perché i dati ci dicono che una volta insediati fanno meno figli e calano nella produttività. Guardiamo loro ma dobbiamo ragionare su di noi. 

LE PREVISIONI DEL TEMPO COSA DICONO? Di guardare il clima. 

Dopo anni di distrazione, l’impresa si accorge del clima perché manca l’acqua, l’albero è caduto sul furgone, il tetto è scoperchiato e il magazzino allagato. Influirà sul tempo in cui si lavora e si va in ferie, sulle temperature che avremo dentro e fuori l’azienda, e sulle risorse con cui lavoriamo. Prepararsi, e assicurarsi.  

E LA SOSTENIBILITÀ? Entra da tutte le parti. 

C’è quella urgente, c’è quella obbligatoria, c’è quella importante, c’è quella utile e c’è quella inconsistente. Andranno messe in ordine di priorità, perché non ci sono soldi e tempo sufficienti per portarle avanti tutte contemporaneamente. In ogni caso benvenuta. Ed è uno dei più grandi investimenti della storia.  

Antonio Belloni 
Coordinatore Centro Studi Imprese e Territorio