Welfare aziendale: quando al centro di tutto l'impresa mette il valore (e il benessere)

Welfare aziendale: quando al centro di tutto l'impresa mette il valore (e il benessere)

Lo Stato si ritira, avanzano le imprese nella loro relazione sempre più stretta con dipendenti e collaboratori. Ed è nell’azienda che sempre di più maturano iniziative di welfare e conciliazione vita-lavoro finalizzate a rispondere a bisogni quasi inimmaginabili anche solo fino a qualche anno fa.

Ne abbiamo parlato il 6 novembre a Saronno (La flessibilità organizzativa per l’equilibrio vita-lavoro) e martedì 20 novembre a Gallarate nel secondo dei tre incontri promossi da Confartigianato Imprese Varese nell’ambito della Rete Territoriale di Conciliazione vita-lavoro coordinata da Ats Insubria. 

IL WELFARE E' UN CAMBIAMENTO CULTURALE
Sono d’altronde queste le strade attraverso le quali formalizzare l’avvicinamento a percorsi di welfare aziendale e conciliazione vita-lavoro, sempre più diffusi nelle grandi come nelle piccole e medie imprese. Sul tema sono stati chiari il dg di Confartigianato Varese, Mauro ColomboClaudia Chiuppi, manager Servizio Gestione del Personale/AreaLavoro di Confartigianato Imprese Varese, a confronto con le imprese insieme al consulente del lavoro di Confartigianato Varese Emanuel Pocaterra, a Davide Baldi (quality manager di Confartigianato Imprese Varese) e ad Antonio Musio (consulente Variazioni srl): il welfare non è solo l’applicazione di una normativa e non è un bancomat, ma un cambiamento culturale che modifica alla radice il rapporto tra dipendenti e azienda, aumentando la capacità di quest’ultima di trattenere, attirare e valorizzare le proprie risorse.

È un po’ come la rivoluzione copernicana: al centro di tutto subentra la forza di una relazione solida, basata sul valore. Quello delle persone e quello che le persone attribuiscono a ciò che va oltre la busta paga: il tempo a disposizione per conciliare la propria vita familiare con quella occupazionale, la possibilità di acquisire beni in modo semplice, immediato e responsabile.

DA POLITICA RETRIBUTIVA A PEOPLE MANAGEMENT
«Con il welfare la politica retributiva evolve in strategie di people management». E la chiave del successo è racchiuso nel risultato finale: il benessere e la competitività.

Un’opportunità biunivoca, dunque. Un circolo virtuoso rafforzato dalla normativa che sgancia i servizi erogati tramite welfare da ogni forma di tassazione: se l’azienda dà cento, spende cento e il dipendente, a sua volta, riceve cento, non un euro in meno. Anzi: per il lavoratore s'aggiunge un alto grado di soddisfazione e per l’azienda l’aumento di produttività e l’innalzamento della reputation (che, in tempi di talenti da attirare, è un bene prezioso quanto il profitto).

CONDIVIDERE VISIONE E OBIETTIVI
Da dove partire per attivare una politica di welfare aziendale? «Non dalla piattaforma ma dalla condivisione di visione e obiettivi». Perché welfare aziendale significa in primo luogo posizionamento strategico, chiarezza di obiettivi, conoscenza dei bisogni e lettura dei processi. Nulla può essere lasciato al caso, non la fase preliminare, non quella di acquisizione della piattaforma di erogazione e non la fase di comunicazione all'interno dell’azienda della novità e delle sue motivazioni.

Un percorso non semplice che Confartigianato ha scelto di affrontare percorrendo una strada lunga, iniziata negli anni Ottanta con l’attuazione di forme di benessere aziendale attivo e culminata con l’adesione ad una Rete che riunisce i principali attori pubblici e privati del territorio. A questo s’aggiunga l’analisi, recente, dello stato e delle dinamiche occupazionali nella piccola e media impresa della provincia di Varese, con specifico riferimento alla componente femminile messo in atto attraverso l’Osservatorio Mercato del lavoro/AreaLavoro dell’associazione.

Ricapitolando: somme, beni e servizi previsti in un piano di welfare devono essere rivolti alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee e il piano stesso può essere attuato mediante percorsi contrattuali (contrattazione di primo livello e di secondo livello, attraverso il premio di risultato (con possibilità di conversione in welfare) o con un regolamento aziendale.

MISURARE LA PREMIALITA' AZIENDALE
Domanda non retorica: come misurare la premialità aziendale?
Tanto per cominciare, si può partire dai numeri dell’azienda nel presente, mantenendo poi invariati negli anni tali indicatori (meglio se più di uno) per consentire raffronti, paragoni e valutazioni di merito e di metodo. Altro esempio: se chiedo ai dipendenti di aumentare i pezzi orari, non mi posso limitare a contare i pezzi ma anche gli scarti… perché se questi ultimi aumentano, il problema può dirsi tutt’altro che risolto.

IL DATORE DI LAVORO E' IL MOTORE DEL WELFARE
Insomma il welfare è possibile, è avvicinabile ma non può prescindere in alcun modo dalla convinzione, dalla determinazione e dall’approccio del datore di lavoro, che può scegliere due strade per portare a fine corsa il treno del cambiamento. La prima è di tipo tattico, e si identica nell’approccio mirato al contenimento dei costi attuato sfruttando i vantaggi (decontribuzione e defiscalizzazione) offerti dalla normativa. La seconda (ed è questa quella da noi consigliata) è di tipo strategico, e consta nel mettere al centro di tutto il riconoscimento della centralità del capitale umano.

Chi ci può aiutare ad arrivare sin qui? L’informazione e la formazione.