ESG: se non ora, quando? Prestiti, reputation e crescita per le Pmi
Emanuele Bompan, direttore responsabile della rivista Materia Rinnovabile|Renewable Matter, tira le fila delle normative Ue che, tra non molto, investiranno anche le Pmi. «Aggiornatevi ora, cercate di capire, ne va della competitività»
Adesso è quasi una necessità, presto diventerà un obbligo. Si parla sempre di più per le imprese di Esg, acronimo di “Environmental, Social, Governance”. Un indirizzo che bisogna prendere, volenti o nolenti, per via delle direttive europee che non consistono soltanto in decisioni burocratiche grigie (come alcuni forse pensano) ma anche nell’unico modo per cercare di salvare la nostra economia, la stabilità democratica e la salute delle generazioni future. Non il pianeta: quello si salva da solo, senza di noi. E, alla lunga, anche contenere i costi. Di come districarsi in questo percorso nuovo evitando le trappole parla Emanuele Bompan, direttore responsabile della rivista Materia Rinnovabile|Renewable Matter.
CORPORATE SUSTAINABILITY REPORTING DIRECTIVE
«Le grandi imprese anche non quotate in Borsa – spiega – dovranno adempiere alla Csrd, la Corporate Sustainability Reporting Directive, legge dell’Unione Europea che richiede alle imprese europee (comprese le filiali Ue qualificate di società non europee) di divulgare il proprio impatto sociale e ambientale e l'impatto delle proprie azioni ambientali, sociali e di governance sul business. Dovrà farlo per forza di cose chi ha oltre 250 dipendenti, e le Pmi quotate. Bisognerà rendicontare anche la parte di fornitura e, dal 2026, anche le proprie azioni di sostenibilità. Sarà un effetto a catena: man mano, saranno costretti a farlo tutti».
Bisogna stare attenti, e Bompan lo ha ripetuto più volte durante l’intervista, alle società improvvisate che offrono consulenza. Il settore prolifera proprio per l’altissima domanda, ma non tutti questi addetti sono preparati e all’altezza, o con la giusta esperienza. «Ed essendo in Italia, non è nemmeno detto che le meno competenti durino poco». L’importante, come suggerisce l’esperto, è che gli imprenditori inizino a “misurare” le bollette, i consumi, gli impatti ambientali e sociali della propria azienda come la percentuale di donne assunte, quanti giovani. Se viene garantita l’accessibilità a tutte le categorie. Come vengono trattati i dipendenti, e via dicendo.
SI VA VERSO L’OBBLIGO
«Arriverà il momento – così Bompan – in cui come prassi verranno chiesti questi dati. Bisogna quindi iniziare a organizzarsi, rendicontare tutto, essere trasparenti. Si inizi dal semplice, come dicevo prima: un calcolo preciso delle emissioni e degli impatti, misurare la forza lavoro. Poi ci si dovrebbe adattare allo standard europeo. Sarebbe opportuna una formazione sulle normative, le direttive, leggendo testate sia tecniche sia divulgative».
Molti imprenditori, soprattutto piccoli, vivono tutto questo come un peso, ma diventerà sempre di più un fattore discriminante di competitività. Ottenere e gestire i dati enunciati sopra può agevolare la bancabilità dell’impresa, permettere di ottenere con più facilità fondi europei, misurare le proprie performance anche fuori dall’ambito finanziario.
ACCESSO AI FONDI
Per vedersi erogati aiuti economici da Bruxelles, infatti, verrà controllato sempre di più se la propria azienda ha intrapreso iniziative che dimostrano una visione a lungo periodo. «Un’azienda – conclude il direttore della rivista di settore – che vuole fare marketing con la sostenibilità deve fornire dati precisi. L’ideale sarebbe, per ciò che riguarda l’Esg, essere pronti dal 2026, anno in cui sarà obbligatorio per le Pmi quotate. Le altre si adegueranno. Tutto il sistema-Paese ne trarrà beneficio, oltre alle aziende stesse. Sarà un costo all’inizio che si trasformerà in opportunità. Imprenditori, informatevi, rimanete ricettivi verso le opportunità di finanziamenti e prestiti che spesso le Pmi non ricevono perché, semplicemente, non ne conoscono l’esistenza». Davide Maniaci