Più sensibili, forse più educate al cambiamento, impegnate nell’acquisto di macchinari e software ma non tutte capaci di sfruttare appieno le potenzialità di Industria 4.0. La consapevolezza non manca ma è poca, e a frenare gli imprenditori della piccola impresa è, a volte, quel timore – dato dalla mancanza di competenze – nei confronti della tecnologia. L’innovazione dei processi, però, è considerata dalle Pmi una priorità sulla quale scommettere per rilanciare la produttività e la potenza competitiva sui mercati. Big data (poco più del 4% dei dati raccolti viene utilizzato dalle aziende), connettività, IoT (Internet of Things), cloud computing e centralizzazione delle informazioni sono concetti entrati nel lessico comune ma, non sempre, nelle abitudini quotidiane di chi fa impresa.
A fotografare la realtà delle Pmi italiane è l’ultima survey dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle Pmi del Politecnico di Milano: nel 2023, il 26% delle piccole e medie imprese italiane ha aumentato, rispetto all’anno precedente, gli investimenti nella digitalizzazione; il 43% ha detto di essere “avanti nel processo di digitalizzazione” o di “puntare sempre di più sul digitale”, mentre il 35% riconosce al digitale un ruolo di primo piano nello sviluppo imprenditoriale. Innovazione fa rima con formazione, un ambito nel quale – purtroppo – gli investimenti non sono sempre all’altezza delle sfide che le Pmi devono affrontare già da oggi su digitale e green: il 51% delle imprese dichiara, infatti, di non svolgere in azienda iniziative per sviluppare e potenziare le competenze digitali e solo l’8% punta a portare in azienda figure con competenze Stem.
COLLABORATIVE INDUSTRY: L’UOMO AL CENTRO E IL RITORNO DELLE “MANI”
La corsa verso gli incentivi di Industria 4.0 non è ancora terminata, alcune aziende sono ancora allo start di partenza e già, all’orizzonte, si profila la quinta rivoluzione industriale battezzata Industry 5.0: umanocentrica, sostenibile e resiliente. Sono questi i tre punti sui quali si focalizza il documento realizzato dalla Commissione Europea nel febbraio 2023: “Un completamento dell’Industria 4.0”, si legge, nel quale al centro dell’attenzione si pone l’uomo.
Se Industria 4.0 si è concentrata sull’ottimizzazione della resa dei macchinari connettendoli fra loro, e sulla lettura dei dati per efficientare la produttività, la quinta rivoluzione industriale punta alla collaborazione (da qui “collaborative industry”) sempre più equilibrata tra le tecnologie di nuova generazione (alle quali affidare i compiti più ripetitivi) e gli esseri umani. Che avranno più tempo libero per concentrarsi sulle loro capacità creative. Da un lato, quindi, la trasformazione delle aziende in “fabbriche intelligenti” (con Industria 4.0) e, dall’altro, il ritorno delle mani e delle menti umane nelle strutture imprenditoriali (con Industry 5.0).
LE TECNOLOGIE NEL RISPETTO DI PRIVACY, AUTONOMIA E DIGNITA’ UMANA
Considerato una sorta di ri-umanizzazione della corsa all’automazione, questo nuovo modello di impresa – probabilmente un’evoluzione della 4.0 - si fonda sulla cooperazione tra macchine ed esseri umani. L’obiettivo è quello di usare la tecnologia per adattare i processi di produzione alle esigenze dei lavoratori (rispettandone la privacy, l’autonomia e la dignità umana), per realizzare prodotti personalizzati che siano attenti all’ambiente e rispettino le esigenze dei consumatori, per rendere i luoghi di lavoro più inclusivi e sicuri. In sintesi, le macchine aiutano gli uomini a lavorare meglio e più velocemente.
Cosa ne pensano le imprese: l’uomo al centro è un’esigenza per l’84% Dunque, l’uomo diventa il punto di volta di questa nuova rivoluzione. Ma questa non sembra affatto una novità. I dati di una survey, su un campione di 100 imprese di diverse grandezze e tipologie produttive, realizzata da Innovation Post, Industry 4 Business e Internet 4 Things in collaborazione con il Laboratorio Research & Innovation for Smart Enterprises (RISE) dell’Università degli Studi di Brescia, dicono che per l’89,4% degli intervistati porre l’uomo al centro è un’esigenza effettiva della manifattura di oggi e del futuro. Un’esigenza che, secondo il 58,8% delle imprese, non è stata soddisfatta da Industria 4.0. Però: per il 56% delle microimprese Industria 4.0 rispondeva già a questa esigenza. Stessa risposta per il 35% delle grandi aziende, il 27% delle imprese di media dimensione e il 22% delle piccole imprese |
LA SOSTENIBILITA’: LA FABBRICA INTELLIGENTE DIVENTA GREEN
Nuova fase evolutiva del modo di fare impresa, oppure espressione della piena maturità di Industria 4.0, questa rivoluzione vuole connettere anche le persone per poter meglio affrontare la sfida della sostenibilità: attraverso la riprogettazione delle catene di valore, l’ottimizzazione dell’intero ciclo di vita dei prodotti o dei servizi, lo sviluppo di sistemi di produzione alimentati da energie rinnovabili e processi di economia circolare per riciclare e riutilizzare le risorse naturali, la riduzione degli scarti. Obiettivi in linea con la riduzione del 55% delle emissioni di carbonio, entro il 2030, così come deciso dalla Commissione Europea.
Cosa ne pensano le imprese: Industria 4.0 non ha risposto all’impegno green |
LA RESILIENZA: SAPER RESISTERE, SAPERSI ADEGUARE
In questi ultimi anni, il tessuto imprenditoriale è stato messo a dura prova da alcuni eventi imprevedibili e, nelle maggior parte dei casi, inimmaginabili. E proprio di fronte alle molteplici crisi della nostra epoca, Industry 5.0 deve diventare uno strumento per aiutare gli imprenditori ad adattarsi al cambiamento e, quindi, a resistere alle difficoltà geopolitiche, economiche e sociali. L’obiettivo è quello di incidere, positivamente, su competitività e internazionalizzazione. Un processo di adattamento che, come già dimostrato in epoca Covid, passa dall’uso sempre più massiccio della digitalizzazione.
Cosa ne pensano le imprese: Industria 4.0 alla base della resilienza Per il 53,8% del campione, Industria 4.0 già rispondeva a questa esigenza: nelle micro, piccole e grandi imprese si registra una parità tra chi pensa che Industria 4.0 mettesse già al centro la resilienza (50%) e chi ritiene il contrario (50%). Unica differenza è rappresentata dalle imprese di media dimensione, dove il 67% degli intervistati ritiene che Industria 4.0 risponde già adeguatamente a questa esigenza e solo il 33% afferma il contrario |
LE TECNOLOGIE ABILITANTI SULLE QUALI SCOMMETTE INDUSTRY 5.0
Cosa ne pensano le imprese: il 77% dice che non si potrà fare a meno delle tecnologie “green” |
GLI INCENTIVI PER INDUSTRY 5.0
Il 27 luglio scorso, la Cabina di Regia Pnrr ha approvato le proposte di revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Se le modifiche saranno approvate dal Parlamento europeo, il Piano Transizione 5.0 potrà sostenere gli investimenti delle imprese, in progetti di transizione ecologica e digitale, con un pacchetto di 4 miliardi di euro. I singoli incentivi dovranno essere concretizzati dalla Finanziaria 2024. La Nuova Sabatini green, inoltre, darà un sostegno ancora maggiore alle Pmi per l’acquisto di impianti e tecnologie digitali per la produzione diretta di energia da fonti rinnovabili, ma anche a programmi di investimento per migliorare l’ecosostenibilità dei prodotti e/o dei processi produttivi. In particolare, con il credito di imposta verranno finanziati investimenti per la “riduzione del consumo dell’energia nei processi produttivi, sostituzione dei combustibili fossili, riduzione delle emissioni in atmosfera, recupero di materie prime critiche, circolarità dei processi produttivi attraverso un uso più efficiente delle risorse”. È possibile che il Piano Transizione 5.0 innalzi il credito di imposta del 40% per gli investimenti effettuati a partire dal prossimo autunno fino a tutto il 2025, con coda di sei mesi anche nel 2026. Beneficeranno dei contributi a fondo perduto anche quegli investimenti completati nel 2026 ma “prenotati” entro il 31.12.2025. Davide Ielmini