Tutto parte da un libro, “La fabbrica agile. Lo sviluppo di prodotto nella quarta rivoluzione industriale” edito da Ayros. Qui l’autore, Claudio Saurin, spiega come mettendo al centro le persone si possa davvero consolidare l’industria del futuro, piccola o grande che sia. Proprio Saurin insieme a Joshua Volpara (co-founder e Ceo di Ayros) e Antonio Belloni, consulente senior di direzione di Confartigianato Imprese Varese, era l’ospite dell’ultima diretta Item di Imprese e Territorio.
Si definisce "agile" (è la premessa) la capacità di muoversi e cambiare direzione rapidamente e con facilità. Per differenziare questo approccio di lavoro dagli altri, ecco quattro esempi tratti dal libro di Saurin: Individui e interazioni contro processi e strumenti; prodotto funzionante contro documentazione completa; collaborazione con i clienti contro contratti e negoziazioni; risposta al cambiamento contro seguire un piano.
Per saperne di più, ovviamente, bisogna leggerlo. Ma gli spunti nei tre quarti d’ora di conversazione non sono certo mancati. «Che cosa è il modello agile? Mette al centro – così ha esordito Saurin – persone e team e boccia il vetusto modello piramidale. Tutto è partito da società di software, che notoriamente vendono prodotti non rimodellabili. Finito il progetto, bisogna poi rifare il lavoro per sviluppare altro. Io ho traslato il concetto al mondo dell'hardware, un settore volatile incerto complesso e ambiguo. Come esempio può venirmi in mente il paragone tra un esercito piramidale come quello Napoleonico con una catena di comando rigidissima e uno di quelli di ultima generazione. Davvero devo spiegare qual è più fluido? Il fatto è che la complessità del mondo esterno va affrontata in team”.
Joshua Volpara ha offerto il profilo storico del cambiamento. «La rivelazione risale alla fine degli anni '90, quando aziende di software si sono rese conto di proporre al cliente le cose sbagliate. Chi compra ormai conosce i requisiti, i dettagli: sa tutto. E allora è meglio un prodotto che puoi provare e perfezionare in corsa, piuttosto a quello perfetto». Gli ha fatto da eco Belloni: «Ormai bisogna avere chiaro che semplice soddisfazione del cliente va molto più in là del mero acquisto. Gli individui sono la cartina tornasole per valutare questo valore, non più una persona sola data dalla logica binaria». Se la sfida del poco impatto ambientale c’è sempre stata, ora è addirittura strategica. I prodotti proposti spesso ormai riguardano il “mercato di sostituzione”: comprare cose che si hanno già. La lavatrice nuova, un pc più potente, l’auto che consuma meno. Bisogna portare un valore che va oltre il cliente stesso. «L'impatto ambientale – prosegue Saurin – lo si ottiene verso il completamento del prodotto, non nella prima fase. Unendo le fasi, in modo agile, è tutto più efficace». Si chiama “metodo sashimi”: parallelizzare i vari procedimenti. Progettazione, costruzione, montaggio e industrializzazione. Per gli hardware, ovviamente, è un po’ più complesso, dato che si richiede una costruzione ad alta velocità nei componenti.
Ma le aziende possono essere aiutate nella gestione del rischio? Volpara: «Ogni lavoro ha una componente di ottimizzazione, e una componente di esplorazione. Vale per un'azienda, per un reparto un team, ma anche per la persona». «L’elemento di rischio – prosegue il discorso Saurin – ci deve essere: per fare un prodotto non banale devi prenderti dei rischi, non puoi copiare (o sarebbe a rischio zero)». Sintetizza tutto Belloni: «Il prodotto non è la scatola di cioccolatini, scartata dal cliente, perfetta. Probabilmente il prodotto del futuro non sarà mai finito: non nella partenza, non nella morte. C'è una necessità di aggiornare il valore del prodotto, che sarà personalizzabile ma riproducibile su larga scala. Sarà questa la sfida per le Pmi: imbastire tutto questo lavorando su commessa».
Le imprese italiane, tipicamente medie e piccole e orientate sulle lavorazioni a commessa, trovano nel modello agile una soluzione. Se un progetto si autosostiene si apre anche l'idea dei budget dinamici: perché quindi aspettare? Quindi tutti devono saper fare tutto e, soprattutto, deve esserci sempre spazio per l’uomo anche quando la macchina è perfetta. Le persone, le intelligenze portano l’innovazione. Per questo, pur cercando il livello tecnologico più alto possibile, l’obiettivo sarà sempre di assumere “le grandi teste”.
La diretta ha offerto altri due spunti. Il primo: l’aumento dei prezzi generalizzato di quest’epoca storica può anche innescare innovazione, come è sempre accaduto in momenti di crisi. Il secondo scandisce la nuova “scaletta di produzione del futuro”: la domanda da porsi quando si crea un nuovo prodotto è se qualcuno lo comprerebbe. L'alternativa è la creazione di spreco, soprattutto se il team è rapido. Sarà importante arrivare prima con un prodotto centrato ma imperfetto, che puoi migliorare, invece che pensare di fare un qualcosa di perfetto ma già obsoleto. Ogni nuovo prodotto risponde ai cambiamenti in atto nel mondo.