La sostenibilità è un business a misura di Pmi ma è ora di muoversi: il mercato non aspetta

La sostenibilità è un business a misura di Pmi ma è ora di muoversi: il mercato non aspetta

Transizione ecologica e sostenibilità in azienda, anche per le Pmi è ora di adeguarsi. Sul tema si è focalizzata la nuova puntata di Item d'Impresa, il ciclo di approfondimenti in diretta con gli esperti di Confartigianato Imprese Varese. «È un percorso che può portare benefici concreti, sul piano economico e su quello relazionale, anche nel breve periodo» assicura Stella Gubelli, docente a contratto della facoltà di economia dell'università Cattolica di Milano. «Serve un assessment iniziale per capire le peculiarità e vocazioni della singola azienda prima di avviare questo percorso».

Per le Pmi, almeno in una prima fase, il suggerimento di Davide Baldi, consulente di Confartigianato Artser, è «di utilizzare supporti esterni per accrescere le competenze green e capire come applicarle nella propria azienda». Formazione, quindi. Ma occorre fare presto, perché «i tempi per adeguarsi a questo nuovo paradigma saranno brevi. Immediati per i prodotti, ma anche nei processi di filiera, perché i clienti ad un certo punto chiederanno di dimostrare la sostenibilità». Ecco perché conviene «anticipare i problemi per prevedere le risposte prima di dover lavorare in emergenza», come indica l'architetto Giorgio Caporaso, tra i pionieri della sostenibilità ambientale «quando ancora non era richiesta, anzi era quasi un elemento di fastidio». Oggi è ancora «un percorso di frontiera, da approcciare con determinazione e costanza, senza pretendere i risultati immediati, ma perseverando perché diventi un valore per l'azienda». Con il rischio, ancora presente, che sia solo “greenwashing”: «C'è chi ci crede davvero e chi lo cavalca solo perché è di moda» ammette Caporaso.

FINANZA, NORME E MERCATI

Transizione green

Ma la prof. Gubelli è fiduciosa: «Le Pmi non rimarranno indietro. Ci sono molteplici spinte sulle sostenibilità: le sollecitazioni trasversali della finanza e delle normative, con l’obbligo di disclosure sulla sostenibilità dal 2022 per le aziende con più di 250 addetti, che si ripercuoterà anche sui fornitori, che inizieranno ad essere valutati in termini di sostenibilità». Occorre dunque muoversi in quella direzione, con la consapevolezza, come spiega la docente della Cattolica, che «la sostenibilità è alla portata delle Pmi. Sono percorsi fattibili e investimenti che si possono ripagare. Inoltre, in virtù della loro agilità strutturale, saranno proprio le Pmi quelle che beneficeranno di più di questo modo diverso di concepire il business, riducendo gli impatti ambientali e migliorando gli impatti sociali».

Un passo che in alcuni settori è obbligato, dato che «la sostenibilità è così integrata nella filiera da essere elemento di sopravvivenza», mentre in altri ancora non così evoluti sotto questo aspetto «può comunque generare vantaggi competitivi se si riesce a differenziarsi prima degli altri». I vantaggi sono in ogni caso molteplici, nella lettura che ne dà Stella Gubelli: «La sostenibilità può generare un aumento o un mantenimento dei ricavi, ma anche un efficientamento che genera riduzione di costi, anche in termini assicurativi di esposizione ai rischi. Oltre a benefici in termini reputazionali e, aspetto spesso trascurato, in termini di capitale umano, sotto forma di attrazione di risorse chiave e miglioramento del benessere aziendale».

I GRANDI SOSTENGANO I PICCOLI

Transizione sostenibile

Un tema chiave però sono i costi: «Qualcuno dovrà pur finanziarla questa transizione - ricorda Davide Baldi - resta ancora da capire se i grossi player sono disposti a riconoscere qualcosa in più per incentivare le filiere, perché i sussidi devono essere temporanei». La politica da questo punto di vista non può limitarsi agli incentivi economici: «Serve un indirizzo di piano industriale - aggiunge il consulente di Artser - l'Europa non può fare concorrenza sul prezzo con la manifattura cinese, allora è bene che favorisca un'economia sostenibile che obblighi anche gli altri ad alzare l'asticella».

A volte però, rimarca l’architetto Caporaso, «la domanda viene generata dall'offerta. Ora siamo ad un punto di partenza per prendere decisioni importanti: la pandemia ha tracciato una linea da cui ripartire su nuovi aspetti. E l'economia circolare, che è quel sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo, è un paradigma che dovrebbe permeare tutto l'approccio, sia prodotti che processi. E dovrebbe cambiare la domanda».