Le ricette per rilanciare il tessile: giovani, formazione, ecologia e coraggio

Le ricette per rilanciare il tessile: giovani, formazione, ecologia e coraggio
Tessile

L’industria tessile: un’eccellenza italiana, un tempo, in particolare nel Nord Italia. Adesso invece, come tante altre realtà, c’è questa fase di transizione: innovazione, conservazione o rischiare di arretrare ancora?
Ne hanno parlato tre esperti nell’ultima diretta Item di Confartigianato Varese. Tre gli ospiti: Stefano Dotti, docente di ingegneria gestionale all’università di Bergamo; Rossano Bisio, formatore e consulente e la giornalista Marilena Lualdi.

IL PROBLEMA E' LA FORMAZIONE

Il vero problema è la formazione che manca, da tempo. Di chi sia la colpa ancora non è chiaro: evidentemente non delle nuove generazioni (che vorrebbero essere formate, o almeno alcuni di loro), ma di un settore che non ha sempre saputo rinnovarsi. Eppure la tecnologia è un elemento importante del nuovo settore tessile, anche per contrastare l’agguerritissima concorrenza estera che non sempre tutela i lavoratori in modo adeguato.
La provincia di Varese soffre: cuore dell’industria tessile, negli ultimi 10 anni ha perso un’azienda su quattro nel settore. Spazzate via da crisi economica, concorrenza insostenibile o migliaia di altri motivi. Imprenditori che hanno dovuto necessariamente abbassare la serranda e trovare qualcosa da fare, famiglie gettate nella disperazione. Molti grandi marchi che delocalizzano, senza impedimenti (come ha sottolineato Dotti) senza l’esigenza di proteggere la filiera qualitativa e quantitativa nel territorio. Ci si chiede: perché dovrebbero, se la politica non fa niente e le tasse non si abbassano?
Neanche la Brexit ha aiutato, con l’uscita dall’Unione Europea di una nazione strategica, ricca e disposta a spendere come il Regno Unito.

MANCANO PROPOSTE FORMATIVE

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«Un’altra cosa grave – ha sottolineato ancora il professor Dotti – riguarda la mancanza di proposte formative nel ramo tessile». Dopo le superiori c’è il vuoto, e si è costretti ad assumere anche chi non sa nulla di specifico del settore. L’università di Bergamo propone master, ma nient’altro. Altrove è ancora peggio. Come si fa a insegnare qualcosa con questi presupposti? I 18 iscritti al master di Bergamo infatti non aveva alle spalle studi specifici.
«Manca anche cultura umanistica – ha aggiunto Bisio – tenendo conto che proprio con internet superveloce attuale le comunicazioni sono più rapide ed efficaci: ma neanche qui ci si può improvvisare. Servono come il pane ragazzi disposti ad entrare nel mondo della disegnatura tessile».

IL VALORE DEL GREEN

Che il digitale sia sempre più imprescindibile è l’opinione anche di Marilena Lualdi: sostiene che «perfino il salone del Mobile è una vetrina sempre più importante e di certo senza internet sarebbe profondamente diverso. Inoltre la transizione ecologica, la cultura del riutilizzo e del riciclo, è da rinnovare: tante aziende, soprattutto estere, partono da lì”.
Si fa presto a dare la colpa alla concorrenza estera, che sicuramente esiste e crea problemi. Basterebbe comprendere di essere nel ventunesimo secolo, e dirlo anche ai propri figli e nipoti dandogli anche gli strumenti per tornare ad essere i primi al mondo, come era un tempo.

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