Un dollaro su tre è sostenibile: la finanza del futuro fa bene alle imprese Esg

Un dollaro su tre è sostenibile: la finanza del futuro fa bene alle imprese Esg
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Il futuro è la finanza sostenibile. «Un investimento è sostenibile quando mira al rendimento economico finanziario ma anche ad un impatto sociale e ambientale» spiega Alfonso Del Giudice, professore ordinario di Finanza Aziendale presso la facoltà di Economia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. «Non è filantropia. La sostenibilità è riuscire a essere profittevoli e nel contempo rispettando l'ambiente e i lavorativi ed essendo trasparenti»

Un fenomeno ormai epocale, se è vero che «oggi nel mondo 35 trilioni di dollari, 30 volte il PIL italiano, un dollaro su tre dell'intero risparmio globale, sono gestiti e convogliati sotto forma di finanza sostenibile, dai pochi miliardi di qualche anno fa. E si arriverà ai 100 trilioni».

Inevitabile confrontarsi con questo cambio di paradigma. Ma come, per le micro e piccole imprese che spesso praticano la sostenibilità ma non lo sanno? «La prima cosa da fare è verificare al proprio interno cosa fa in termini ESG (Environmental, Social and Corporate Governance) e come comunicarli al meglio - il suggerimento  del prof Del Giudice - È bene che il piccolo imprenditore sappia che dichiarare il proprio grado di sostenibilità e avere dei requisiti ESG ha un beneficio e un ritorno che permette di accedere con più facilità ai capitali dei grandi fondi e delle grandi banchi di investire nelle Pmi, mentre il private equity adotta degli “screen” ESG per identificare le imprese sostenibili, perché a sua volta si approvvigiona dimostrando di effettuare investimenti sostenibili».

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Le azioni da compiere sono volte, sul lato ambientale, all'efficientamento energetico, al rinnovamento dei macchinari per l'abbattimento delle emissioni di CO2, e sul lato sociale iniziative per i propri dipendenti, come la formazione, e per le comunità locali: «Vanno rendicontate - rimarca il prof - perché sono rilevanti dal punto di vista della sostenibilità». E poi è importante dare «una prospettiva, vale a dire gli step che l'impresa intende fare per ridurre o azzerare l'impatto ambientale da qui ai prossimi 3-5 anni, in un'ottica di target da raggiungere».

E se ancora per i “piccoli” non c'è l'obbligo di redazione del report di sostenibilità, «a cascata saranno coinvolte anche le Pmi che fanno parte di una filiera». Perché ogni passaggio dovrà essere certificato in termini di sostenibilità. Così come in futuro anche «il rating ESG, oggi a cura di aziende specializzate, quasi esclusivamente per le imprese quotate», diventerà «comune come lo è quello finanziario. Chi non avrà il rating rischierà di rimanere escluso dalle possibilità di finanziarsi».

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