L’innovazione è nulla senza formazione
Qualsiasi macchinario, anche il più avanzato, va a pieno regime solo se gestito da personale con competenze avanzate. Per sfruttare a pieno le tecnologie 5.0 occorre governare la macchina con collaboratori preparati. Quattro casi sui quali riflettere

Moltissime imprese attendono la partenza della Transizione 5.0 con la stessa postura psicologica dedicata ad Industria 4.0. Da una parte con frenesia ed impazienza, e dall’altra con un blocco furbo degli investimenti oggi, con l’idea di risparmiare domani, quando si arriverà alla normativa.
Oggi, però, al ripresentarsi di un’occasione simile, si potrebbe procedere con un atteggiamento più lungimirante. Magari da sviluppare proprio nei giorni di attesa dei famosi decreti attuativi che accenderanno il motore di questa nuova iniziativa di politica industriale.
Ci si potrebbe chiedere, per esempio, quali errori la propria impresa abbia commesso, e quale lezione possa trarre dall’esperienza precedente, per sfruttare bene questo nuovo percorso di cambiamento.
Molte imprese si sono infatti concentrate, in modo ingenuo e anche troppo tattico, su elementi tangibili: il macchinario, il robot, lo strumento tecnologico sono stati pagati? Sono stati completamente ammortizzati? Quanto abbiamo risparmiato?
Sono domande concrete e legittime, ma insufficienti ad affrontare due dei più diffusi problemi del percorso precedente:
- è mancato lo sfruttamento completo delle potenzialità delle nuove attrezzature, dei nuovi impianti e delle nuove tecnologie;
- sono falliti lo sviluppo e la conservazione delle competenze di chi li utilizza.

I casi sono diversi, ma hanno una stessa risposta. Quale?
Primo caso.
Con l’utilizzo e l’implementazione di nuovo macchinari e strumenti e tecnologie, l’impresa A si attendeva ampie marginalità, derivanti in modo diretto da un aumento della produttività e dell’efficienza dei processi.
Ma come raggiungerla se il macchinario o lo strumento acquistato lavora al 30% delle sue potenzialità?
La risposta dell’organizzazione a questo mancato scatto di livello di efficienza è stata spesso legata alla carenza di competenze tecniche: la persona che governa il nuovo strumento avanzato non ha competenze altrettanto avanzate per spingerlo al 100% delle sue capacità.
Secondo caso.
L’impresa B ha investito in impianti e macchinari nuovi ed avanzati per aumentare la capacità produttiva, ed ha messo a governarli persone preparate, che utilizzandoli hanno acquisito competenze nuove.
Hanno però messo queste competenze sul mercato ed in breve tempo hanno lasciato l’impresa, che ora si trova con macchinari nuovi ma fermi per gran parte del tempo, perché nessuno al suo interno ha le competenze per governarli.

Terzo caso.
L’impresa C ha vissuto l’esperienza più critica. Ha fatto numerosi investimenti in macchinari e tecnologie ed ha anche formato e talvolta assunto persone con competenze evolute e adeguate alle specificità richieste da questi strumenti.
Ma ciclicamente le persone hanno abbandonato l’impresa, minando così l’evoluzione tecnica e tecnologica e il cambiamento complessivo a cui puntava.
Dunque, qual è, se c’è, il denominatore comune di questi problemi di applicazione delle soluzioni di politica industriale da parte delle imprese?
Potremmo ricondurre ognuno di questi casi alla gestione delle competenze professionali:
- spesso non si è capito che l’innovazione è nulla senza formazione;
- talvolta si è mancato di mettere le persone con competenze adeguatamente evolute a governare macchinari e strumenti tecnologici evoluti;
- tal altra l’impresa non si è preoccupata di sviluppare queste competenze, ma soprattutto di proteggerle per farle restare al suo interno.

Poi c’è l’impresa D, che di per sé non ha fatto molto più delle altre, ma ha applicato azioni intelligenti invece che furbe. Quali?
Ha investito ed acquistato strumenti, macchinari e software, così come le altre.
Ha messo a gestirli persone adeguatamente formate, e talvolta assunte, esattamente come le altre.
Ma ha applicato una logica lunga e larga, diffondendo le competenze connesse ai nuovi macchinari e strumenti anche alle professioni laterali e non solo a quelle impegnate direttamente su quegli strumenti.
Ed ha inoltre siglato patti lungimiranti con le persone formate ed assunte, per garantire la loro permanenza nella propria struttura produttiva ed allungarla il più possibile.
Ha quindi coltivato competenze evolute per apparecchi evoluti, e costruito relazioni durevoli e forti per avere strutture durevoli e forti.
Così come i crediti d’imposta e le agevolazioni, anche l’innovazione da sola non basta. Antonio Belloni