Pmi e territorio: l’equilibrio tra radici locali e reti globali

Le imprese davanti a una duplice sfida: valorizzare il territorio, ma anche saper crescere al suo interno in termini di tecnologia, organizzazione, sostenibilità

Imprese e territori

Il modello industriale italiano si fonda su una rete diffusa di piccole e medie imprese, strettamente legate ai territori in cui operano. Questa configurazione, apparentemente fragile, ha invece rappresentato una delle chiavi del successo del Made in Italy. Il professor Giulio Cainelli, ordinario di Business Economics all’Università di Padova, sottolinea come il forte legame con le risorse del territorio abbia avuto un ruolo fondamentale nella nascita e nello sviluppo dei distretti industriali italiani, contribuendo in modo determinante alla competitività delle piccole e medie imprese. Negli ultimi anni, però, questo è cambiato con i distretti messi davanti a sfide globali.

IL RADICAMENTO TERRITORIALE COME FORZA ORIGINARIA

Secondo Cainelli, la nascita e il consolidamento dei distretti industriali italiani sono stati possibili proprio grazie alla connessione con le risorse locali: «Sicuramente ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei distretti industriali. I distretti industriali italiani sono sostanzialmente nati e si sono sviluppati grazie a questo forte radicamento con le risorse del territorio». Questa prossimità ha permesso, storicamente, una circolazione rapida ed efficace di conoscenze, tecniche e relazioni. Le imprese hanno potuto specializzarsi, crescere in rete e competere anche su scala più ampia.

COSA RENDE COMPETITIVO UN TERRITORIO

Analizzando i fattori chiave dello sviluppo distrettuale, Cainelli ne individua diversi con effetti misurabili sulla performance:

  • Prossimità spaziale tra le imprese, che genera «effetti di agglomerazione»;
  • Scambio informale di informazioni e tecnologie tra lavoratori e manager;
  • Presenza di istituzioni intermedie, che offrono supporto tecnico, formativo o strategico;
  • Strutture relazionali forti, che rafforzano fiducia e cooperazione.

«Questo favorisce la diffusione di quelle informazioni, quelle tecnologie, quelle innovazioni che tendono a favorire la performance» sottolinea.

Imprese e territori

L’EVOLUZIONE DEL MODELLO: TRA DISTRETTI E RETI GLOBALI

Con la globalizzazione, però, la configurazione originaria dei distretti ha iniziato a cambiare. Le imprese hanno progressivamente rivolto lo sguardo oltre il mercato locale, modificando l’equilibrio interno: «C’è stato un processo di frantumazione dei distretti industriali. Quelle che erano piccole imprese terziste o di subfornitura che servivano imprese finali del territorio hanno cominciato ad ampliare il mercato di riferimento.» In molti distretti, questo processo ha portato all’affermazione di imprese più strutturate, capaci di farsi da traino per il sistema locale.

IL RUOLO DELLE IMPRESE LEADER NEI DISTRETTI

Cainelli sottolinea come la visione tradizionale dei distretti – composta da sole microimprese indipendenti – sia ormai superata: «In realtà ci sono delle gerarchie, perché all'interno del distretto ci sono delle imprese medio-grandi che hanno un ruolo da un lato di collegamento con le reti internazionali, dall’altro di trasferimento di competenze e innovazione sul territorio». Queste imprese fungono da snodi strategici: dialogano con l’estero, innovano e trasferiscono il know-how a monte e a valle della filiera. In molti casi, danno origine a veri e propri gruppi distrettuali, dove piccole imprese sono parte di strutture proprietarie guidate da una capogruppo.

UNA QUESTIONE DI PRODUTTIVITÀ

In un mercato globale ipercompetitivo, Cainelli chiarisce che l’ingresso nei mercati esteri non è accessibile a tutte le imprese. Conta – e molto – la produttività, che a sua volta è frutto di investimenti:

«Per entrare sui mercati internazionali devi essere un’impresa caratterizzata da livelli di produttività elevati, perché sennò non sei in grado di internazionalizzarti» chiarisce.

E ancora: «Un’impresa è produttiva solo se fa innovazione. Non è che si internazionalizza per caso: sono soltanto le imprese migliori». La sfida è quindi duplice: valorizzare il territorio, ma anche saper crescere al suo interno in termini di tecnologia, organizzazione, sostenibilità.

Imprese e territori

LE RETI INFORMALI E I LEGAMI GLOBALI

Uno dei tratti tipici dei distretti italiani è la presenza di reti informali: relazioni personali, interscambi di competenze, trasferimenti di know-how tra imprese, anche senza contratti formali. Queste reti continuano a essere un asset strategico.

«La prossimità spaziale tende a favorire, attraverso diversi meccanismi, il trasferimento informale tra lavoratori o tra manager di informazioni relative a nuovi mercati esteri o a nuove tecnologie» evidenzia Cainelli.

Ma oggi, alla dimensione locale, deve affiancarsi una capacità di collegamento con reti internazionali. L’intersezione tra questi due livelli è fondamentale: «La combinazione ottimale è quella tra sfruttare le relazioni informali del territorio ed essere capaci di collegarsi con le reti internazionali, magari proprio attraverso quelle medie imprese leader che operano in alcuni distretti industriali».

MADE IN ITALY: UN BRAND CON VALORE STRATEGICO

L’identità territoriale, osserva Cainelli, assume anche una dimensione simbolica e commerciale attraverso il Made in Italy, che rimane una leva di posizionamento: «È stato sicuramente una grande innovazione nel marketing: l’idea di identificare l’Italia come un paese che ha una serie di caratteristiche spendibili a livello internazionale su prodotti».

Oltre alla funzione di promozione commerciale, il Made in Italy gioca un ruolo nei processi di acquisizione e attrazione: «Quando c'è una reputazione di prodotto legata al Made in Italy, questo può favorire la decisione di una multinazionale di acquistare un’impresa italiana, magari una piccola impresa Made in Italy, proprio grazie al brand» (6.continua). Annarita Cacciamani