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Senza dati l'impresa cresce a passo lento: chi li sa leggere ha una marcia in più

Senza dati l'impresa cresce a passo lento: chi li sa leggere ha una marcia in più
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«Una piccola media e impresa che vuole iniziare un processo di digitalizzazione deve iniziare ad assumere o avvalersi della consulenza di un data scientist. Si deve partire da qui». Lo sostiene Alberto Daprà, professore di Management e strategia aziendale dell'università di Milano Bicocca che, da trent'anni, vede nelle Pmi gli stessi problemi. Cambierà qualcosa col Pnrr che pone, appunto, la digitalizzazione del Paese e, quindi della spina dorsale dell’economia, fra i suoi punti fondanti?

«I limiti cronici nelle Piccole e medie aziende – aggiunge Daprà – sono di tre tipi. Il primo è quello culturale, perché imprenditori e manager hanno poca consapevolezza nell'importanza delle nuove tecnologie, anche perché in molti casi non hanno nemmeno le skills, ovvero le competenze adeguate per comprenderle. Infine vi è una strutturale carenza di investimenti in quest’ambito, che frenano e, a mio avviso, freneranno lo sviluppo». Il problema più classico è che, quando si parla di nuove tecnologiche, nelle imprese si pensa che basti rinnovare i computer e cambiare qualche macchina per essere all'avanguardia. Non è così. O, meglio, ciò non basta: «Chiaramente – aggiunge il docente dell’ateneo milanese – ci sono anche imprese innovative ma, nella media, fanno fatica. Per esempio c'è un ritardo enorme sui data analytics, un tema di cui si percepisce poco il valore».

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Ed è proprio da questo aspetto che, Daprà, indica un buon inizio per le Pmi che vogliano digitalizzarsi. Dall'analisi dei dati, infatti, un'azienda può capire dove e come svilupparsi e poi comprendere su quali aspetti intervenire per essere maggiormente produttiva oppure scovare eventuali mancanze che “a occhio” magari non si non si notano perché, per esempio, si è “sempre fatto così”. «Il problema – aggiunge il docente – è che i data scientist con una formazione specifica sono pochi, quelli presenti vanno all'estero o sono assunti nelle grandi imprese. E, quindi, costano tanto. L'alternativa è formare un dipendente o un collaboratore: alla Bicocca, dieci anni fa, fummo i primi a organizzare un master su questa materia e, ogni anno, formiamo cinquanta persone. Ma, ora l’offerta di studi è molto ampia e, quindi, ci sono molte possibilità per formare le risorse aziendali».

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L'errore commesso dalle imprese, invece, «è far partire la propria digitalizzazione dall'infrastruttura. Il rinnovo della tecnologia non è il primo punto, ma è la fine del viaggio. Non basta comprare una nuova serie di nuove macchine per definirsi digitale, ma bisogna partire dagli obiettivi, dalla visione, dalla strategia verso cui andare».

A proposito di digitalizzazione, la mancata rivoluzione nella Pubblica amministrazione, fa perdere una montagna di tempo, di soldi e di pazienza alle imprese. Cambierà qualcosa? «Sono molto, molto scettico – conclude Daprà – Nonostante la tonnellata di soldi che arriveranno dal Pnrr, nella Pubblica amministrazione vi è un forte problema di competenze e di attrazione dei talenti. Un esempio: in Bicocca abbiamo provato a creare un gruppo di data scientist: non ha risposto nessuno. La Pubblica amministrazione, infatti, è poco attrattiva per questioni economiche e di prospettiva nel lungo periodo e, senza risorse adeguate, difficilmente si potrà cambiare radicalmente un sistema».