Bisogna abituarsi a cambiare. Questa è stata la frase ricorrente di “Caro energia, come affrontare la fiammata in azienda e nel business”. Nell’ultima diretta Item a cura di Confartigianato – Imprese e territorio, due esperti danno consigli utili alle aziende e soprattutto alle Pmi, quelle che (come al solito) hanno più bisogno di adeguarsi ai tempi e soprattutto di risparmiare, dove possono. Sono Antonio Belloni, coordinatore del Centro Studi Imprese Territorio, e Matteo Di Castelnuovo, professore di Practice in Energy Economics alla SDA Bocconi.
«I numeri – è la presentazione della diretta – sono qui a ricordarcelo, ogni giorno: il costo dell'energia sale, anche se non manca qualche rimbalzo, e per le aziende sta diventando sempre più difficile far tornare i conti e mantenere le marginalità».
Bisogna avere subito chiaro un concetto: non è affatto detto che i rincari dell’energia siano terminati, che si sia raggiunto “il picco”. «C'è una divisione di interessi nell'Unione Europea – così esordisce Di Castelnuovo – in base al mix energetico e al tipo di dipendenza che ogni Paese ha nelle fonti energetiche. La guerra in Ucraina si è inserita in un periodo di forte crescita dei prezzi che iniziavano a salire circa un anno fa, in concomitanza con la ripresa economica. Una dinamica imprevedibile come quella del conflitto è arrivata già mentre i prezzi si gonfiavano: ora il gas scende, ma sale il petrolio. Essere ottimisti non è semplice».
«Consultando i dati dell’Agenzia europea dell'ambiente – ha proseguito Belloni – ho scoperto che l'Italia ha un peso delle Pmi sui consumi lordi di energia tra i più alti. Nelle nostre zone abbiamo Pmi manifatturiere molto energivore di ceramica, meccanica, metallurgia, plastica e vetro. Poi c’è chi consuma tantissimo nella logistica».
Si tratta di una debolezza, in quanto le Piccole e medie imprese sono molto più esposte rispetto alle grandi. il problema fondamentale è l'indipendenza dell'economia da combustibili fossili: le quotazioni del carbone sono alle stesse, mentre gas e petrolio provengono prevalentemente da Stati “poco stabili”. Da un lato, a medio termine, bisogna puntare sulla contrattazione. Esistono strumenti accessibili a realtà medio piccole, come la possibilità di consorziarsi. Nel lungo periodo bisogna mettersi in una logica di cambiamento tecnologico. Ridurre il consumo da un lato e passare a tecnologie che non dipendono da gas e petrolio. Ottimizzare significa ridurre i consumi.
Così Belloni: «L'azienda può trattenere il fiato ed assorbire il colpo da sola, con meno margine di guadagno fin tanto che è parzialmente sopportabile. Nel lungo periodo il margine viene portato via e nel lunghissimo periodo si va in perdita: così non conviene più nemmeno produrre. Ci sono aziende intervenute 3 o 4 volte sui prezzi in un anno senza conseguenze sui clienti. La risposta era: “basta che il prodotto arrivi”. Ma dopo si è costretti al cambiamento strutturale. Non è una strategia difensiva: prima della guerra in Ucraina si parlava comunque di temi (la sostenibilità) di lungo periodo. Bisogna abituarsi a cambiare non solo quando lo Stato lancia l’incentivo».
Sì, consorziarsi può essere una soluzione. Come ha spiegato il professor Di Castelnuovo, «si tratta di mettere insieme più soggetti, spesso situati nella propria area geografica. La tendenza al creare comunità energetiche è un tema spinto anche dalla commissione europea. Non è ancora chiarissimo il modello di business (chi deve vendere l’energia, ad esempio), ma è senza dubbio una soluzione da esplorare. Più soggetti che contrattano con una singola voce danno la possibilità di pianificare il consumo».
Il concetto di “comunità energetica” è in via di definizione: «Una serie di soggetti consumatori di dimensioni non meglio precisate che al loro interno hanno uno o più impianti di produzione di energia basati su tecnologie verdi, e servono la comunità». Ossia, un'azienda energetica che mette a disposizione impianti per auto-produzione, in modo da consumare energia a “chilometro zero”. Gli esperti lo hanno specificato: è una materia ancora in fase di evoluzione.
Ma come ridurre l’impatto dei costi energetici? Ha risposto Antonio Belloni. «Nel medio periodo, cercando di portare efficienza. La strada che abbiamo davanti è quella di non dover aspettare l’incentivo. Il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti parlava di ammodernamento tecnologico. Posso intervenire su trasporti, sulla tipologia di impianti e prodotti. Ovvio, costa, e per questo alcune Pmi attendono l’incentivo. Il tema è proprio passare dall'efficientamento auto motivato, che viene da dentro, e l'efficientamento che viene da fuori con l'esca che dura… il tempo dell'esca. E il Governo non può continuare a mettere esche».
Quindi, da subito, ecco cosa fare: velocizzare i processi, cambiare o sostituire le materie prime di riferimento, evitare gli sprechi trovando i punti morti e rallentamenti: un pacchetto di cambiamenti radicali che porta a un risparmio energetico non forzato ma consapevole.
Anche la digitalizzazione fa la sua parte. «Il settore energetico, che non era di certo noto per la tendenza all’innovazione – così Di Castelnuovo – negli ultimi 10 anni ha fatto un percorso straordinario proprio nei soggetti energetici, il cui risparmio passa sempre di più attraverso un utilizzo intelligente del suo consumo e la riduzione delle emissioni».
Il problema, come ha evidenziato Belloni, è che di solito molte Pmi non hanno un “esperto di risorse”. Parlano solo di dati. Cambiare è uno scoglio temporale ed è difficile trovare persone fidate che ti aiutino a farlo. «Abbiamo – ha concluso il docente della Bocconi – tecnologie che già funzionano. Solide, stabili, ancora più convenienti come il solare, o il fotovoltaico, sapendo che ancora vale la regola che più grande è l’impianto, più basso è il costo. L'idrogeno è la molecola più diffusa sul Pianeta. Bisogna produrlo, i costi troppo alti e i prezzi degli idrocarburi sono scesi enormemente e quindi si usano».
La previsione è l’idrogeno più utilizzato dal 2030, ma non sarà la soluzione a tutto: o lo si produce da fonti rinnovabili e lo si utilizza dove le altre tecnologie non arrivano, o non si risolveranno i problemi. Ma al 2030 bisogna arrivarci.