Sempre meno giovani, sempre più qualificati, sempre più in difficoltà a trovare un lavoro in un mondo (quello delle imprese) non sempre in grado di rimanere al passo coi tempi. Il crollo demografico sta diventando un problema molto serio da affrontare per il nostro Paese e per le imprese che, in un futuro prossimo, faranno sempre più fatica a trovare giovani da introdurre all'interno delle proprie strutture produttive e di servizio. Era questo il tema dell’ultima diretta Item d’Impresa di Confartigianato Imprese Territorio. Tre gli esperti a confronto: Umberto Frigelli, psicologo del lavoro all’Università Cattolica, Serafino Negrelli (Bicocca, Sociologia dei processi economici e del lavoro) e il giornalista Andrea Aliverti (assistente economia ed etica Iulm).
CAPOVOLGIMENTO DELLA POPOLAZIONE
«L’Italia – è il dato preliminare, quello da cui partire – è il primo Paese al Mondo a “inaugurare” il capovolgimento della popolazione: nel 1991, più di trent’anni fa, è avvenuto il sorpasso. Ci sono più over 65 che under 15. Un parametro che non è mai più cambiato». Il significato? Un eccesso di risparmio su scala globale (gli anziani spendono meno e mettono da parte denaro che si svaluta), una scarsità di manodopera per via dei tanti pensionamenti e un conseguente disallineamento tra domanda e offerta. Inoltre nell’ultimo periodo le dimissioni volontarie dei giovani tra i 25 e i 35 anni toccano il 60 per cento nelle aziende. I settori maggiormente coinvolti sono quello informatico e digitale, col 32 per cento, quello della produzione (28 per cento), e marketing-commerciale, 27 per cento. In generale, si assiste a un peggioramento progressivo nell’assumere giovani qualificati.
Negrelli ha specificato come questa analisi riguardi le tendenze demografiche dal 2000 al 2019. Il Covid ha per forza di cose sparigliato le carte e “falsato” tutto.
FUGA DEI CERVELLI E IMMIGRAZIONE
«Dal 2008 – ha spiegato – per l’effetto della recessione sono crollate le nascite e l’Italia è scesa sotto l’1,3 nel tasso di fecondità. Siamo ultimi, con la Spagna. I morti sono aumentati. Bisogna tener conto anche della “fuga di cervelli”, tornata a crescere». Bisogna sperare negli immigrati dall’estero: loro sono l’unica speranza per invertire almeno in parte il trend demografico. Per avere “forze fresche”. Frigelli: «Di opportunità ce ne sono molte. Il mercato del lavoro, quello della domanda e dell’offerta. Visto il calo demografico, potrebbe restringersi, e quando il mercato si fa più difficile e aumenta la concorrenza, è necessario guardare al mercato con occhi diversi e innovare. Quante sono le persone che preferiscono rimanere vicino a casa con uno stipendio più basso? Le giovani generazioni non cercano più il posto fisso, ma professionalizzazione e condizioni di crescita costanti».
Le somme le ha tirate Aliverti: per convincere un giovane a lavorare per te, devi garantirgli tre condizioni. Un buon equilibrio tra vita lavorativa privata, atmosfera piacevole e benefit interessanti. Per i giovani sarà più importante offrire un ambiente di lavoro adatto, per chi ha già una famiglia invece è utile dare la possibilità di una maggiore flessibilità di orario.
SERVE UN CAMBIO DI MENTALITÀ
Serve quindi un cambio di mentalità da parte dell'imprenditore. Le aziende devono cambiare. Come ha sottolineato Negrelli, aumentano i contratti involontari ed è un dato da tenere ben presente. In questi tempi complicati ci si adatta all'incertezza, ed è un tema da mettere in agenda di ricerca. Se le Pmi sapessero rispondere alla domanda di qualità del lavoro e della vita chiesta dai giovani, avrebbero sicuri effetti sulla produttività. Il problema è che non assumono laureati. «Tenendo conto che l’Italia ha meno laureati della media europea – ha detto Frigelli – mi sono fatto questa idea: bisogna in qualche modo imitare il modello tedesco. All’università Cattolica facciamo corsi che avvicinano i giovani al mondo del lavoro prima della fine della laurea». Sembra davvero necessario fare rete e creare una sinergia tra imprese e scuole.
LE MACCHINE CI SOSTITUIRANNO?
L’ultima domanda ha provato a scrivere una “breve storia del futuro”. Saremo sostituiti dalle macchine per colmare la mancanza di manodopera? Negrelli: «La tecnologia ha sostituito lavori monotoni. Già negli anni 70 ci si chiedeva se i robot avessero sostituito gli uomini». Nel frattempo, però, sono aumentati i contenuti di abilità sociali del lavoro, e queste ultime le macchine non possono averle. Nell’attuale mercato del lavoro spariscono le qualifiche intermedie e aumentano le figure qualificate, quelle più elevate, e la tecnologia digitale complementare. Occorrono più istruzione e formazione, sempre, anche da parte dell’imprenditore (come precisa Frigelli): l’istruzione manageriale dell’imprenditore può permettergli di non chiudere bottega. Aliverti ha concluso sottolineando che «occorre maggior attenzione per capire i motivi delle tante dimissioni, e il Covid ha cambiato il modo di lavorare».