Il dato più allarmante emerso a più riprese durante la diretta Item dedicata al futuro della manifattura in generale e della meccanica in particolare è che molte aziende, se non cambieranno le dinamiche inerenti il caro bolletta, faticheranno a resistere. Se fosse così, non avrebbe senso parlare di niente. Se non fosse così, non sarebbe possibile trascurare il ruolo della manifattura e della meccanica, sempre più preponderanti anche nel mondo delle Pmi.
Tornano gli Item e si parla “degli enormi cambiamenti del settore manifatturiero e meccanico”. «Negli ultimi anni, le accelerazioni digitale ed ecologica, hanno spinto gli imprenditori a imboccare la via della trasformazione ma nulla è davvero possibile se, all'interno delle imprese, non si riescono a inserire professionalità in grado di far "muovere" il cambiamento portato dalle macchine». Parla l’esperto Francesco Braghin, professore ordinario al Dipartimento di meccanica del Politecnico di Milano.
Si parte come sempre dai dati. In Italia ci sono circa 900 mila addetti nell’industria meccanica e quasi 49 mila imprese. L’impatto sul prodotto interno lordo ammonta intorno al 4 per cento, e l’esportazione quasi al 50 per cento delle vendite totali. Sette lavoratori su 10 utilizzano tecnologie avanzate e lavorano in processi di team. Gli altri 3 sbagliano a non farlo. «Non mi stupiscono cifre così – esordisce Braghin – perché in un mercato globalizzato per riuscire a mantenere la competitività delle industrie italiane dobbiamo sempre di più imparare a utilizzare le tecnologie digitali, che migliorano l’efficienza della produzione e del prodotto proposto sul mercato globale. Il concetto d'industria 4.0 impone di rendere sempre più intelligenti ed efficienti i processi produttivi e i prodotti finali».
Come sempre, le grandi imprese sono più preparate alle trasformazioni e alle innovazioni. Le capacità d’investimento più limitate penalizzano le piccole e medie imprese. Per questo bisogna accelerare il processo di innovazione.
La domanda del mercato del lavoro di figure che abbiano competenze digitali è altissima. Il professor Braghin snocciola i numeri del Politecnico di Milano: dei laureati magistrali, il 98 per cento ha un lavoro a un anno dalla laurea. Di questi l'88 per cento lavora nel settore per il quale ha preso la laurea. Quindi un futuro coerente col titolo di studio sia nelle Pmi sia in multinazionali, spesso a tempo indeterminato. «La cosa – chiarisce l’esperto – dimostra la fame e la richiesta verso figure professionali con competenze digitali assolute. Sulla bacheca di CareerService, servizio di orientamento al lavoro offerto agli studenti da tutte le Università, leggiamo quattromila annunci di lavoro all'anno per ingegneri, e molti di questi sono meccanici. Al Politecnico se ne laureano mille all’anno: l’offerta è quadrupla. Per questo consiglio alle aziende di contattare gli studenti già prima della loro laurea».
Di fatto, l'industria 4.0 richiede competenze per diventare sempre più strategici e prevedere le richieste della produzione e della manutenzione. La tecnologia sta evolvendosi, e sul mercato sono disponibili tool che facilitano analisi e interpretazione dei dati. La formazione continua è sempre più necessaria: tutto si sta muovendo più velocemente.
Poi ci sono le soft skills. Il web come sempre aiuta: «Competenze basilari, o abilità fondamentali, definibili come competenze che aiutano gli individui ad adattarsi e ad assumere atteggiamenti positivi in modo da riuscire ad affrontare efficacemente le sfide poste dalla vita professionale e quotidiana».
Braghin: «Sfatiamo un mito. Le soft skills esistono da sempre, e da sempre sono state necessarie alla formazione e alla crescita professionale dei lavoratori. Quindi è necessario che tutti siano pronti ad affrontare le sfide che ci propone il mercato. Le aziende puntano sempre più su alcune di queste competenze soft, come la capacità di lavorare in gruppi multidisciplinari: è importante comunicare l'innovazione fatta, il perché il nostro prodotto è migliore di altri, ed è importante la leadership, la capacità di negoziare, la capacità di adattarsi. Oltre alla partnership con imprese mediante tirocini, tesi, si possono fare ulteriori passi avanti interagendo e capendo le necessità delle aziende». L’esempio suggestivo è quello del “nerd”, il classico ragazzo occhialuto e timido in gambissima con le tecnologie ma decisamente più impacciato nei rapporti sociali. All’università è a suo agio, fuori no. Per questo bisogna puntare ad inserirlo in un’azienda. Ne giovano tutti, non soltanto egli stesso.
«La meccanica – conclude il docente – è la transizione stessa dell'energia: tutto si basa su componenti meccaniche, come l’energia eolica, e per questo le competenze meccaniche sono fondamentali anche per la transizione ecologica. Dobbiamo risparmiare energia: bene, iniziamo a spegnere i macchinari quando non li usiamo. Il futuro sarà un'industria meccanica con N stazioni gestite in modo intelligente, senza tenerle tutte accese. In sintesi, la nuova generazione di ingegneri meccanici dominerà le competenze digitali. Queste ultime però arriveranno alle aziende non tra due mesi, quando si teme il tracollo, ma dopo».
Vale la pena riorganizzare il processo produttivo in modo da poter spegnere una o più delle macchine richieste per quel processo, se non in uso.