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Il welfare aziendale valorizza il capitale umano ed è una “colla” per i talenti

Il welfare aziendale valorizza il capitale umano ed è una “colla” per i talenti
Welfare

Un recente studio di SDA Bocconi ha evidenziato come il welfare aziendale possa diventare uno strumento per aumentare i ricavi e la competitività ma anche per attrarre nuovi talenti e fidelizzare i lavoratori. Alla base di tutto c’è una nuova consapevolezza dell’importanza del capitale umano di ogni azienda che contraddistingue questo particolare momento storico.

Per una piccola impresa un piano di welfare aziendale costituisce un impegno notevole ma può diventare una importante opportunità di crescita in termini di ricavi e di benessere dei lavoratori. «Con welfare aziendale – spiega Luca Pesenti, professore associato di Sociologia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – intendiamo l’insieme dei benefici che le imprese possono mettere a disposizione dei propri lavoratori per integrare la componente monetaria della retribuzione». Un piano di welfare per le aziende più piccole costituisce un notevole sforzo economico. «Un’impresa di piccole dimensioni non può sbagliare l’obiettivo del proprio piano di welfare. Deve ascoltare attentamente le esigenze dei lavoratori, comunicare adeguatamente quanto introdotto e farlo percepire come un progetto di valorizzazione dal capitale umano».

IL WELFARE AZIENDALE

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Il welfare aziendale è regolato dal Testo unico delle imposte sui redditi – e in particolare dall’articolo 51 – che stabilisce che le aziende che applicano iniziative di welfare aziendale possono avere benefici fiscali. «Ci sono sostanzialmente due modalità per regolare il welfare aziendale: l’inserimento dentro un contratto oppure un regolamento aziendale che lo rende obbligatorio. Esistono poi contratti territoriali, di norma di ambito provinciali, sottoscritti da associazioni datoriali e sigle sindacali a cui possono aderire le aziende. Di solito è quest’ultima modalità quella scelta delle piccole aziende» spiega Pesenti.

«Nella sua componente di conversione del premio di risultato sicuramente il welfare aziendale è un incentivo per i lavoratori e contribuisce ad aumentare la produttività – prosegue il professore - Rispetto al premio in denaro, tassato prima al 10% oggi al 5%, un servizio di welfare è per il lavoratore esentasse e quindi spendibile al 100%. Per far sì che sia efficace e misurabile vanno inseriti i KPI, dichiarandoli all’inizio dell’anno, in modo che si possa lavorare per raggiungerli».

IL WELFARE COME STRUMENTO PER ATTRARRE TALENTI

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I piani di welfare aziendale sempre più frequentemente contribuiscono a far sì che un lavoratore scelga un’azienda piuttosto che un’altra. «Nell’ABC degli HR manager il welfare aziendale deve servire proprio a creare un vantaggio competitivo per mantenere e attrarre personale a parità di salario – sottolinea ancora Pesenti - Oggi, in una fase di stagnazione dei salari, questo diventa ancora più importante. Ovviamente deve essere un piano robusto».

TRE CONSIGLI ALLE PICCOLE MEDIE IMPRESE

  • «Una piccola azienda per mettere in piedi un piano di welfare aziendale deve fare uno sforzo economico, quindi non può sbagliare l’obiettivo: deve ascoltare attentamente le esigenze dei lavoratori ed essere concreta e precisa nelle proposte».
  • «Il piano di welfare va comunicato adeguatamente perché funzioni. Si scelga un canale e lo si utilizzi al meglio. Se nessuno sa cosa è stato fatto, si rischia che il lavoratore pensi che all’azienda non interessa il benessere dei dipendenti».
  • «Il welfare non deve essere percepito come un premio o qualcosa che si fa perché lo fanno tutti ma come un progetto di valorizzazione del capitale umano a cui l’azienda crede». Annarita Cacciamani