Il futuro del packaging è green: chi non si adegua perde clienti ed esce dal mercato

Il futuro del packaging è green: chi non si adegua perde clienti ed esce dal mercato
Item packaging

Il “packaging”, l’imballaggio. Si potrebbe pensare a un mondo senza, a una società che decidesse improvvisamente di non usarli più? Molto probabilmente no. Di packaging, di come convertirlo per rendere la propria impresa sempre più circolare parlava l’ultimo item d'impresa a cura di Confartigianato – Imprese e Territorio. Alessandro Bratti (dipartimento di scienze chimiche, farmaceutiche e agrarie dell'università di Ferrara) e Davide Baldi (responsabile Faberlab ed esperto ambientale), per un tema che spesso viene sottovalutato dalle imprese ma che, nei fatti, riveste una importanza sempre più strategica nell'ambito della nuova "economia sostenibile”.

Le premesse: il sistema di riciclo italiano si distingue in positivo, in Europa, grazie ai produttori che si assumono la responsabilità per i rifiuti derivanti dagi imballaggi. Inoltre è attivo un bando che copre il 40 per cento fino al 19 settembre sulle spese per l’economia circolare. L’Unione Europea ha dato una data finale sul packaging, il 2030. Chi fa e-commerce deve prepararsi alla transizione ecologica passando a imballaggi green. Siamo pronti? Secondo il professor Bratti, sì. «Il contesto è favorevole dal punto di vista della qualità delle imprese italiane, se si guardano diversi dati. Un po' per tradizione culturale, un po' per propensione all'innovazione, direi che il sistema è pronto per affrontare la sfida del green deal. A livello nazionale abbiamo declinato il tema attraverso la transizione ecologica. La Commissione Europea spinge forte, accelerando alcuni percorsi, anche se l’attuale guerra in Europa sta decelerando la velocità delle riforme. Non c’è dubbio che il tema della plastica coinvolga imballaggi e packaging». Una plastica che sarà sempre più sostenibile e riciclabile, per un settore dove c’è ancora da lavorare parecchio per aggiornarsi. Soprattutto in Italia, che rappresenta uno dei Paesi più industrializzati in tal senso.

I GIOVANI E L'ECOLOGIA

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Un altro dato formidabile è quello dei giovani, dai quali si ha sempre da imparare: il 65 per cento di loro, circa, prodotti da brand che favoriscono la sostenibilità ambientale. «Una fetta di mercato potente – ha chiarito Baldi – che sarebbe folle non rincorrere, e che testimonia come la spinta agli acquisti sostenibili sia stata fortissima negli ultimi anni. Lo sto vedendo ampiamente: nascono sempre più richieste, quasi a tappeto, e inoltre il grosso produttore inizia a gestire una raccolta delle informazioni ambientali del ciclo produttivo. Si tratta di un inizio». Oltreché dalle imprese, l'altra grossa spinta è data dalla finanza. Esistono ormai pacchetti di investimento che si basano solo sul green. Il “green washing” pare dietro l'angolo.

Poi ci sono le Pmi. Arriveranno soldi per la riconversione, anche tramite il piano per la transizione ecologica? Bratti: «Il tema dell'oggettività del dato è sempre più importante sia in una discussione interna al Paese, sia nel confronto tra i nostri dati e quelli dell'Ue. Ho avuto modo di capire come vengono raccolti i dati ambientali, convogliati a livello della Commissione europea, che diventano poi quegli obiettivi che devono raggiungere. Quindi è ovvio che le modalità di raccolta dati devono essere uniformi in tutti paesi, altrimenti ci sarebbe un dumping industriale forte».

Ossia, l’inserimento nel mercato di prodotti a prezzo molto inferiore. L’esempio classico è considerare “recupero” un’operazione che altrove sarebbe “smaltimento”. Cambia tutto. «Il mercato – prosegue l’esperto – deve essere un unico mercato. Un esempio per tutti: il recupero delle capsule di alluminio del caffè. In alcuni paesi non c’era nessun problema nel riciclo e nel recupero, in Italia era “trasporto di rifiuti”. Rispondendo alla domanda: il Pnrr vedeva circa 3,5 miliardi di investimenti su progetti già presentati. Non mi sembra che ci siano risorse importanti al suo interno. Non è partito inoltre il piano di prevenzione: sarebbe stato importante perché avere un packaging sostenibile significa fare un'azione di prevenzione della riduzione dei rifiuti».

IMPOSSIBILE UN MONDO SENZA PACKAGING

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Un altro argomento imprescindibile è l’inquinamento, creato dal packaging non sostenibile ecologicamente. Baldi lo chiarisce: «Non è possibile pensare a un mondo senza packaging: sia per la protezione dal danneggiamento durante i trasporti della merce, ma anche per motivi igienici». Gli fa eco Bretti: «La strategia sull'economia circolare è un ottimo documento di partenza, così come trovo interessante il piano nazionale per la gestione dei rifiuti. Non possiamo più permetterci sprechi. Quelle percentuali di smaltimento in discarica devono essere abbattute. L’Ue ci dà un obiettivo molto preciso, e spesso in discarica va a finire materiale molto prezioso».

In Italia si producono 5 milioni e mezzo di tonnellate di plastica all'anno e quasi 2 milioni di tonnellate, non imballaggi ma plastica, vanno a finire in smaltimento. Con gli incentivi economici per recuperare questo materiale, attraverso tecnologie adeguate, le industrie potrebbero trovarne giovamento. Si delinea, al di là degli obblighi, un percorso in cui imprese grandi e piccole possano avere un futuro in cui programmare. Il quadro normativo è favorevole e non si tornerà indietro. Baldi: «Tornare indietro non è più possibile, visto che la nuova generazione è più attenta». Bratti: «Il Covid non ha bloccato alcuni processi che sono stati accelerati, come la raccolta differenziata. Oggi siamo in una situazione un po' più complicata per via della guerra». Proprio per gli strascichi dell’invasione dell’esercito di Putin, la Germania riaprirà le centrali a carbone.

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Non era certo nei piani del governo Scholz. Cosa serve per accompagnare il packaging in una transizione ecosostenibile? Risponde ancora Davide Baldi. «Conoscenza dei materiali e una progettazione che eviti scorciatoie. Serve una strategia di sistema, che la legge oltretutto prevede. Di questi tempi il sustainability manager è la figura più ricercata nel mondo del lavoro, anche se molti non capiscono bene ancora a cosa serva…».

Qualsiasi innovazione comporterà innovazione di macchinari, di processi produttivi. Creerà un ciclo economico nuovo. Le aziende stesse devono rimanere aggiornate: se produci materiali obsoleti, nessuno li comprerà. Allo stesso modo l’Unione Europea parte da una posizione generale di vantaggio, essendo al top nel Mondi nei piani di sostenibilità per via dell’ambizione alla “neutralità climatica”. «La scelta che ha fatto l’Europa – conclude Bratti – sia dell'indipendenza energetica sia di sviluppare le rinnovabili e puntare sull'efficientamento, oltre che essere una pratica eccezionale dal punto di vista ambientale, lo è anche dal punto di vista economico. Abbiamo visto cosa significa dipendere, energeticamente parlando, da Paesi esterni. Il tentativo di spingere su green e decarbonizzazione dal 2050 non è una scelta solo ambientale, tanto il cambiamento climatico non si fermerà certo per questo. Sono motivi politici: l’Europa non ha materie prime e combustibili fossili. Più ricicla, più si rende indipendente”. Tenendo conto che una transizione non è mai indolore.

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