Se vi state chiedendo cosa avrà mai a che fare una società benefit con tutto ciò che è ESG, la risposta non può che essere immediata. Perché si tratta di aziende che perseguono non solo profitto e utili, ma anche benefici comuni in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di tutti quelli che si definiscono stakeholder esterni (territorio, comunità, enti e istituzioni) ed interni (dipendenti). Il modello Società Benefit è stato introdotto in Italia nel 2016 ispirandosi alle Benefit Corporation statunitensi. Da allora, le realtà italiane che lo hanno adottato sono passate da poche centinaia ad oltre 3.600.
Per trasformarsi in società benefit si può agire su due fronti: top down (è una scelta intenzionale di chi guida l’impresa), oppure bottom up (attraverso una conoscenza condivisa del tema).
Il tema è stato affrontato nei dettagli al Faberlab powered by Arburg, a Origgio, con l’evento “Società benefit: cosa vuol dire e quali sono le azioni da intraprendere”. Un incontro che il Direttore Generale di Confartigianato Varese e Artser Mauro Colombo ha definito «intermedio e non conclusivo di un ciclo che ha ottenuto riscontri positivi da parte delle numerose imprese partecipanti. Un apprezzamento che ha portato tanti imprenditori ad affidarsi ai consigli e alle consulenze dei professionisti di Artser». Perché i criteri ESG non sono semplici indicazioni. A sottolinearne l’importanza è stato anche il Direttore Regionale Lombardia Nord di Intesa Sanpaolo Daniele Pastore: «Un’impresa che crea valore è sostenibile, ma le imprese sostenibili creano ancora più valore. E sono aziende migliori che danno risultati migliori».
1 - SOCIETA’ BENEFIT: COSA SONO, COME DIVENTARLO, QUALI SONO GLI STRUMENTI CHE SERVONO
L’intervento di Chiara Caimi, Evolution Guide di Nativa Srl, società benefit, ha preso il via da un punto fermo: mentre le società tradizionali hanno come unico scopo quello di distribuire dividenti agli azionisti, le società benefit integrano nel proprio oggetto sociale l’obiettivo di impattare positivamente sulla società e sull’ambiente. In sintesi, incorporano nel loro Statuto obiettivi di sostenibilità (nelle diverse dimensioni di governance, sociale o ambientale) assumendosi l’impegno di perseguirli in armonia con lo scopo utilitaristico.
I vantaggi di questa scelta? Numerosi: si ha una protezione legale per bilanciare interessi finanziari e non finanziari, ci si guadagna una reputazione da leader, si attraggono e si trattengono in azienda i giovani talenti, l’azienda è più attraente agli occhi degli investitori e dei consumatori consapevoli, si ha un punteggio maggiore nel caso in cui si dovesse partecipare a bandi e gare d’appalto.
Chi può trasformarsi in società benefit e come fare
Per diventare società benefit, l’azienda (società di persone, società di capitali, società cooperative, startup innovative) deve modificare il proprio Statuto e inserire nell’oggetto sociale gli scopi di beneficio comune generale (operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti degli stakeholder) e specifico (il perseguimento una o più specifiche finalità di beneficio comune). Ma quello che cambia è la mentalità imprenditoriale. Lo scopo che si prefigge l’azienda.
Tutte le società benefit devono nominare un “responsabile dell’impatto” (che insieme al management deve assicurare che l’azienda persegua lo scopo dichiarato di “beneficio comune”) e presentare una “relazione di impatto” (annuale, disponibile al pubblico, reale e misurabile) per valutare le performance della società sui suoi impatti e sul beneficio comune prodotto.
E’ sempre una buona mossa costituire quelli che sono i “benefit team”, cioè l’unione di persone che appartengono ai diversi processi e staff aziendali per poter sviluppare competenze diffuse. Nello stesso tempo, le imprese devono puntare ad una formazione incrociata e, come modello efficace per passare a società benefit, sposare i cosiddetti “progetti ecosistemici”: più realtà intorno ad un tavolo per condividere best practice vincenti.
Come si misurano le finalità di “beneficio comune”
Sono necessari alcuni indicatori di misurazione (KPI), quantitativi o qualitativi. Se si tratta di benessere dei dipendenti, per esempio, bisognerà guardare al valore dei benefit erogati, all’analisi periodica del clima aziendale, alla misurazione del turnover e della salute sul luogo di lavoro.
2 – OBBLIGHI FISCALI, CONTROLLO DI GESTIONE E BILANCIO AZIENDALE
Fabrizio Ruspi, commercialista e coordinatore del Servizio Fiscale Artser, fa un po’ di ordine nell’ampio bacino della fiscalità. Su questo fronte non esistono norme specifiche che regolano le società benefit. Il “Decreto Rilancio” nel 2020, e il “Decreto Sostegni bis” nel 2021, avevano introdotto un credito di imposta, poi cancellato.
C’è, invece, un aspetto critico che riguarda la deducibilità dei costi e degli oneri legati alle attività di beneficio comune: la normativa fiscale non si esprime in merito, quindi questi costi - in quanto idonei a creare benefici, diretti e indiretti, all’attività di impresa nel suo complesso – dovrebbero essere deducibili. Ci si augura che nell’immediato futuro si possa ritornare ad un credito di imposta per agevolare le imprese a costituirsi società benefit e sostenerle a tutto tondo nel loro percorso.
Bilanciare l’interesse dei soci con le finalità di beneficio comune
Trasformarsi in società benefit permette all’azienda di strutturarsi internamente in modo efficace per monitorare ancora meglio il suo sistema amministrativo. E questo perché la legge istitutiva delle società benefit (n. 208 del 28 dicembre 2015) dice chiaramente che queste realtà hanno l’obbligo – nella loro gestione - di bilanciare l’interesse dei soci con il perseguimento delle finalità di beneficio comune e gli interessi degli stakeholder. E’ questo che fa la differenza, ed è proprio per questo che il controllo di gestione si fa sempre più importante. Ricordiamo che la stessa legge, poi, si limita a precisare che la famosa Relazione d’impatto deve essere allegata al Bilancio di esercizio, ma dice anche delle valutazioni necessarie per capire il rapporto tra i due strumenti. Cosa accade se non si allega la Relazione, se le informazioni contenute sono omesse o inesatte?
Una scelta da ponderare tra raccolta dati, indicatori e rendiconti finanziari
A cambiare è proprio il processo di formazione del Bilancio, perché si ha una doppia rilevazione contabile (controllo di gestione da una parte e analisi di quello che si è rilevato, dall’altra) e perché il Bilancio deve tenere conto di tutti i criteri ESG: è un lavoro che va gestito giorno dopo giorno.
La Relazione d’impatto, inoltre, è da considerarsi un documento societario. Quindi, il Collegio Sindacale si deve pronunciare sulla Relazione, mentre la società di revisione - che svolge il controllo legale dei conti: essenzialmente, verifica contabile – può anche non esprimere un suo giudizio sul documento.
I rischi collegati a questa trasformazione in società benefit? Si tratta di una scelta che va ponderata, perché qualche costo da sostenere c’è. E’ anche vero, però, che nel tempo ci saranno ritorni diretti e indiretti. Per orientarsi in questo cambiamento, definire gli obiettivi sui quali concentrarsi e sulle misure che devono essere dismesse perché non funzionali agli scopi benefit, si deve agire sulla raccolta e analisi dei dati e degli indicatori e sui rendiconti finanziari aziendali. Che sono sempre una valida cartina di tornasole.
Insomma, come capire se è opportuno passare da azienda profit ad azienda benefit? I consulenti Artser affiancano le imprese durante tutto il percorso: la valutazione di convenienza, le simulazioni, l’elaborazione e il monitoraggio dei KPI e i consuntivi passo dopo passo.
3 – SOCIETA’ BENEFIT E ESG: LEADERSHIP E TRASPARENZA FANNO DA TRAINO
Jacopo Brioschi, coordinatore dell’Area innovazione e Sviluppo di Artser, aggiunge che «monitorare in modo oggettivo il perseguimento degli scopi è fondamentale». Soprattutto, l’imprenditore che vorrebbe trasformare la propria azienda in società benefit non si deve mai disinteressare degli altri principi ESG con tutto ciò che ne consegue. Pensiamo, per esempio, alle tante certificazioni che fanno la differenza in questo ambito: se tra i benefici comuni si inserisce la riduzione della CO2 (decarbonizzazione), ci si dovrà impegnare anche in un percorso certificatorio attraverso la cosiddetta “carbon footprint”.
Alla base della società benefit, inoltre, ci deve sempre essere una leadership adatta (che include la capacità dell’imprenditore nel creare un forte coinvolgimento dei suoi collaboratori) e la trasparenza: è, quindi, un lavoro continuativo che si costruisce step by step, con revisioni periodiche, e non si esaurisce di fronte al notaio, o con la Relazione di Bilancio.
Altro elemento sul quale concentrarsi, sono le performance. Così come accade con l’acquisto di macchinari Industria 4.0 (solo per il fatto di essere all’avanguardia non assicurano un aumento di produttività), anche per le società benefit si tratta di perseguire un impegno che darà sicuramente dei frutti, ma non in modo automatico. E’ per questo che quando un imprenditore sceglie di trasformare la propria attività in società benefit, deve inserire questo percorso nella propria strategia di profitto.
I consulenti Artser sono a disposizione di tutte le imprese che vogliono avvicinarsi a questo cambiamento, a patto che non siano in liquidazione o abbiano avviato un procedimento concorsuale. Ed è un percorso, non lo si sottolinea mai abbastanza, che è altamente sostenibile. E che va affiancato a tutte quelle azioni che vanno ad interessare gli aspetti ambientali, sociali e di governance dell’azienda.
E adesso il prossimo appuntamento è con la conferenza spettacolo gratuito “CambiaMenti Climatici. Ci giochiamo il nostro futuro? La tempesta perfetta dei comportamenti irrazionali” di e con Massimo Bustreo (psicologo del consumo) e Luciano Canova (economista comportamentale), in programma martedì 25 giugno al Maga (Museo di Arte Contemporanea) di Gallarate. Iscrizione obbligatoria qui: https://artser.typeform.com/CONF-SPETT