Le aspettative dei giovani in Italia si scontrano sempre più spesso con le opportunità disponibili, dando vita a un dialogo che sembra più un monologo. Ecco che intraprendere un dialogo aperto e inclusivo, orientato alla realizzazione delle esigenze e delle aspirazioni dei giovani, può costituire un elemento di continuità tra impresa e società.
«Le nuove generazioni oggi guardano con molto più scetticismo al lavoro e permangono molto di più del passato in famiglia, spesso perché non hanno scelta. Ma il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento, è anche un'opportunità di crescita personale e collettiva». La professoressa Fatima Farina, docente di Sociologia dei Processi Economici e del Lavoro all’università di Urbino, ci offre un'analisi approfondita sui dilemmi che i giovani devono affrontare nel trovare un impiego nel 2024 e, dall’altra parte, sulle sfide dei datori di lavoro.
Stiamo assistendo a un significativo cambiamento nel concetto stesso di lavoro, soprattutto in relazione alle nuove generazioni. Si osserva una crescente diffidenza nei suoi confronti, influenzata da una permanenza prolungata nel contesto familiare, tra l’altro ulteriormente accentuata dalla diminuzione delle risorse economiche disponibili.
In questo scenario, l'obiettivo dell'autonomia per gli under 35 diventa sempre più difficile da raggiungere senza il sostegno di politiche pubbliche adeguate. «Chi può scegliere un’occupazione attende, chi non può scegliere accetta qualunque forma di prestazione lavorativa e a qualsiasi costo. E la seconda opzione non dovrebbe andare bene per nessuno». Questa disparità, secondo l’esperta, non solo compromette la dinamica tra domanda e offerta, ma mina anche la necessaria scommessa sulla riqualificazione, elemento cruciale per un'economia che si evolve costantemente.
L'aspettativa di autonomia per i ragazzi, quindi, se non sorretta da politiche pubbliche, diventa sempre più difficoltosa. Come mai? Per la professoressa, tra le molteplici cause c’è l’orizzonte di progettazione assistenziale molto più incerto.
Le politiche del lavoro, inoltre, principalmente focalizzate sull'offerta, hanno contribuito a mantenere il mismatch tra domanda e offerta, senza aiutare le imprese a adeguare la domanda alle mutevoli esigenze del mercato. «Negli ultimi tempi questa discrepanza ha preso anche le caratteristiche di una mancanza di manodopera strutturale, soprattutto per le piccole e medie imprese».
Come risolvere il problema? L’esperta consiglia di porre attenzione non solo alla quantità ma anche alla qualità della domanda di lavoro e che, come accennato, non incontra più del tutto le esigenze dei giovani, molto diversi dalle generazioni passate. Oggi non è più interiorizzata infatti l'etica del “lavoro come sacrificio a tutti i costi”, perché non ce n'è più nemmeno la prospettiva di riscatto che esisteva, per esempio, in Italia quando i boomer stavano entrando nel mondo del lavoro. Oggi il percorso lavorativo “classico” che, in passato, aveva un suo sviluppo nel tempo sia a livello di stipendio sia a livello di carriera, è molto meno frequente. «C’è una sorta di disillusione nei confronti del lavoro, una specie di distacco», specifica la docente.
Questo contesto è legato anche al tema delle Grandi Dimissioni, e al rifiuto di mettere al centro il lavoro come priorità di riformulazione dell'agenda di vita, e che non colpisce i giovani, bensì le generazioni più adulte come i Millennial o la Gen X (nel 2022 il Ministero del Lavoro ha registrato quasi 2 milioni di dimissioni totali). Resta il fatto però che il lavoro è il principale mezzo di sostentamento di tutta la popolazione mondiale, tranne che per coloro che possono farne a meno.
L'inclusione e la parità (retributiva, di genere, di opportunità, di rappresentanza, di accesso all'assistenza e ai benefit) emergono come fattori imprescindibili per attrarre talenti nel mondo del lavoro, anche per le piccole realtà aziendali. Farina sottolinea come l'inclusione non solo arricchisca il pool di risorse disponibili, ma possa anche stimolare l'innovazione e la rinnovabilità dell'impresa, superando così i vincoli culturali e generazionali che spesso limitano le opportunità di crescita.
«L'innovazione non è solo il prodotto nuovo. L'innovazione è anche un'idea nuova di impresa». Un esempio? La questione dell'impresa familiare e della gestione del passaggio intergenerazionale. «L'inclusione e l'apertura a nuove risorse permettono di superare questi vincoli anche dal punto di vista culturale, di incentrarsi su una gestione di impresa che sia potenzialmente e continuamente rinnovabile, sia nei processi, sia nel prodotto», spiega la docente, sottolineando l'importanza per le aziende di creare un ambiente lavorativo accogliente, dove i dipendenti si sentano parte di un team e siano liberi di condividere le proprie idee e opinioni. E, spesso, nelle Pmi le nuove generazioni che stanno prendendo le redini dell’impresa si stanno muovendo proprio in questa direzione. Elisa Marasca