Le piccole imprese rappresentano non solo il cuore dell'innovazione e della crescita economica ma anche un terreno fertile per la crescita personale e professionale dei giovani. L'ingresso nel mondo del lavoro, specialmente per i giovani alle prime armi, è un passaggio cruciale che può essere fortemente influenzato dall'ambiente in cui si verifica e le piccole imprese, con la loro flessibilità organizzativa e la vicinanza tra lavoratori e leadership, possono offrire un contesto unico per lo sviluppo delle competenze, l'affermazione professionale e l'inclusione sociale.
Tuttavia, l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro è spesso ostacolato da sfide significative, tra cui la precarietà lavorativa e la mancanza di opportunità formative adeguate. Secondo l'Istituto Nazionale di Statistica, le piccole imprese continuano a svolgere un ruolo cruciale nell'occupazione giovanile, nonostante le difficoltà economiche generali e i tassi di disoccupazione relativamente elevati tra i giovani in alcuni contesti nazionali e regionali.
In questo scenario, l'esperienza e le ricerche di Annalisa Tonarelli, professoressa associata in Sociologia del lavoro al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Firenze, acquistano un valore elevatissimo. Attraverso il suo lavoro, Tonarelli ha esplorato le dinamiche sociali e lavorative che influenzano l'integrazione e la crescita dei giovani nel contesto lavorativo delle piccole imprese.
Professoressa Tonarelli, basandosi sulla sua esperienza come ricercatrice in sociologia del lavoro, potrebbe illustrarci come le dinamiche sociali all'interno delle piccole imprese influenzano la crescita personale e professionale dei giovani?
L'informalità gioca un ruolo cruciale nelle piccole imprese, fungendo da istituzione formativa che inizia i giovani al mondo del lavoro, permettendo loro di acquisire competenze e maturare aspettative. La dimensione relazionale in cui i giovani operano è decisiva e può influenzare sia positivamente che negativamente la loro crescita.
Spesso, nei nostri studi sul lavoro precario, abbiamo notato che i giovani sono inclini ad accettare anche lavori poco protetti e scarsamente remunerati purché possano avere in cambio un clima positivo, accogliente e informale; questa tendenza dimostra l'importanza di un contesto lavorativo amichevole che, appunto, è particolarmente desiderato dai giovani. Le piccole imprese, solitamente, soddisfano quest'aspettativa, inserendo i giovani in un ambiente che valorizza sia le competenze sia il senso di appartenenza a un gruppo, che può includere anche persone di diverse generazioni. Questo suggerisce l’idea di come la dimensione del lavoro sia importante, ma anche quella della socialità può essere sperimentata positivamente.
Questo approccio è in contrapposizione con quello di imprese più grandi e strutturate, dove i rapporti tendono a essere più formali, e dimostra come l'ambiente di lavoro nelle piccole imprese possa essere particolarmente gratificante e influenzare positivamente l'esperienza lavorativa dei giovani.
Come possono le piccole imprese bilanciare le esigenze di produzione con la necessità di fornire opportunità formative significative ai giovani lavoratori?
Un aspetto fondamentale per le piccole imprese è la valorizzazione del capitale umano. Oggi, queste imprese affrontano la sfida di adottare innovazioni, non solo nei processi e nei prodotti, ma anche nel riconoscere e valorizzare il capitale umano che i giovani portano con sé attraverso la loro formazione, che sia universitaria o di scuola superiore.
In questo contesto, ritengo che un maggiore sforzo da parte delle piccole imprese per innovare e aprirsi a nuove possibilità, magari attraverso consorzi o associazioni, rappresenti una sfida cruciale. I giovani non devono essere visti solo come soggetti che hanno bisogno di essere inseriti in un contesto produttivo innovativo, ma anche come portatori di innovazione; questo è evidente nel loro rapporto più fluido e familiare con la tecnologia e nelle competenze linguistiche, come la conoscenza dell'inglese, che oggi è parte integrante della loro vita quotidiana attraverso i social e l'interazione con un pubblico globale.
Le competenze trasversali che i giovani portano, oltre a quelle acquisite formalmente, sono risorse che le piccole imprese devono saper valorizzare, in quanto diventano driver essenziali sia per lo sviluppo della produzione che per la capacità di innovazione. È quindi importante considerare il giovane che entra in una piccola impresa non solo come un costo iniziale per la sua formazione, ma come una grande risorsa che apporta esperienze e competenze formali e informali fondamentali, soprattutto in una prospettiva di innovazione.
Quali sono le principali sfide che i giovani affrontano quando entrano nel mondo del lavoro tramite le piccole imprese, e come possono queste ultime aiutarli a superarle?
Partendo da una riflessione emersa durante un numero monografico sulla rivista Il Mulino, curato dai colleghi Francesco Ramella e Sonia Bertolini, dove ho approfondito la situazione dei giovani operai, si osserva che una sfida significativa per i giovani è la difficoltà nel delineare prospettive di carriera concrete. La flessibilità e la precarietà nelle fasi iniziali di inserimento nel mondo del lavoro sono ormai aspetti accettati, specialmente dalla generazione del 2000 per cui l'idea di un impiego stabile e duraturo non è più centrale. È essenziale che i contesti lavorativi offrano ai giovani la possibilità di immaginare un futuro lavorativo, non necessariamente con la promessa di un posto fisso, ma piuttosto come una prospettiva di valorizzazione progressiva delle loro competenze e del loro impegno formativo.
Nelle grandi imprese, più gerarchizzate, i percorsi di carriera sono più strutturati e visibili, cosa che può mancare nelle piccole imprese. Tuttavia, queste ultime possono trasformare la loro dimensione e la minor strutturazione in un vantaggio se riescono a strutturarsi meglio senza perdere la loro essenziale informalità. Questo significa investire di più nella formazione professionale continua, “on the job”, un approccio che non solo risponde alla crescente domanda di formazione ma anche valorizza le competenze trasversali dei giovani, che possono essere cruciale per la loro crescita e per lo sviluppo delle piccole imprese.
La formazione continua è un campo in cui l'Italia sta cercando di recuperare, ispirandosi a modelli come quelli della Germania e di altri paesi del Nord Europa, dove la formazione professionale è strettamente integrata nel sistema lavorativo. Rafforzare questo aspetto è quindi una delle sfide maggiori per le piccole imprese, non solo per soddisfare le aspettative dei giovani lavoratori ma anche per incrementare la loro competitività nel mercato globale.
Secondo lei c'è qualche strumento o qualche possibilità ancora inesplorata che possa far sì che l'istituzione universitaria e le piccole imprese possano lavorare in simbiosi per favorire l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro?
Ci sono già delle esperienze virtuose di collaborazione tra università e piccole imprese, come quelle nel distretto pratese o in Brianza, dove l'università si integra attivamente nel contesto produttivo locale. Queste collaborazioni non si limitano solo ai tirocini, ma includono anche la progettazione di percorsi formativi specifici che rispondono alle esigenze latenti delle piccole imprese. Per esempio, a Prato è stato creato un diploma in relazioni industriali che si basa sui bisogni concreti delle imprese locali, favorito da un consorzio che include università, associazioni imprenditoriali ed enti locali, creando opportunità occupazionali dirette per i diplomati.
Queste iniziative dovrebbero essere estese e potenziate; non si tratta solo di incontrarsi post-formazione, ma di collaborare fin dalla progettazione dei percorsi educativi, che possono includere master o corsi di specializzazione. Inoltre, le università dovrebbero aiutare le piccole imprese a innovare e a gestire le risorse umane in modo più strutturato.
Un altro aspetto fondamentale è il miglioramento dei servizi di orientamento e placement: oltre ai tradizionali career day, potrebbero essere organizzati incontri diretti in università dove le imprese presentano le opportunità che offrono, favorendo una maggiore familiarità e comprensione reciproca tra studenti, docenti e imprenditori. Questo può rafforzare il legame tra l'istruzione universitaria e il mondo delle piccole imprese, facilitando l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
Immagini di dover scrivere una guida pratica sulla relazione positiva fra giovani e piccole imprese. Quali titoli darebbe ai 5 capitoli di cui è composta questa guida immaginaria.
Conoscenza e apertura: discuterei la necessità per le piccole imprese di farsi conoscere meglio e di aprirsi al territorio, superando vecchie immagini che non riflettono la realtà attuale delle dinamiche lavorative e delle prospettive di crescita. Giuliano Terenzi