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La meritocrazia fa bene alle Pmi Attrae i giovani e fidelizza i clienti

La meritocrazia fa bene alle Pmi Attrae i giovani e fidelizza i clienti
Meritocrazia

La meritocrazia è una virtù o un vizio? Funziona davvero in Italia? Qual è l'interesse nell'adottare un approccio meritocratico per le piccole e medie imprese? Questo termine, in un'altalena tra essere esaltato come la soluzione ai problemi del sistema capitalista e demonizzato come provocatore e perpetuatore di disuguaglianze, è stato oggetto di numerose analisi, suscitando lodi, critiche e polemiche, e ha cambiato volto più volte negli ultimi decenni. Oggi, almeno nel contesto aziendale, c'è un consenso crescente sul fatto che il merito costituisce uno dei più importanti fattori di forza delle organizzazioni, poiché influisce sull'attrazione, la valorizzazione e la fidelizzazione non solo dei dipendenti, ma di tutti gli stakeholders che interagiscono con l'azienda.

In un’epoca in cui le tecnologie sono più accessibili a tutti, l’intelligenza collettiva e le risorse umane rappresentano elementi distintivi capaci di rendere le aziende più innovative e in grado di competere, spiega la giornalista socioeconomica e presidente del Forum della Meritocrazia, Maria Cristina Origlia. Consentire l'emersione del talento individuale, offrire opportunità di superare le limitazioni imposte dai ruoli tradizionali e incoraggiare la libera espressione sono i fattori chiave per generare successo, ricorda Origlia, e sarebbero anche le basi di in sistema meritocratico funzionante.

Gli effetti di un tale sistema, riferisce l’esperta, sono chiari e immediati. Anche in una piccola o media realtà, ciò permette alle imprese di presentarsi sul mercato con degli asset in più, migliora il coinvolgimento dei dipendenti e genera ambienti più innovativi ed etici, osserva Origlia. E tutto ciò «migliora la competitività, la sostenibilità e la reputation aziendale», spiega.

SUPERANDO LA CRITICA

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Ma come questo concetto supera una visione diffusa, piuttosto critica, della meritocrazia? Lo stesso ideatore di questa locuzione, il sociologo e laburista inglese Michael Young ha dichiarato di avere inteso attribuire al termine una connotazione negativa. Introdotto per la prima volta nel suo romanzo distopico del 1958, “The Rise of Meritocracy”, l'espressione è composta dalla parola latina “meritus” e da una di origine greca, “kratos”, ovvero “potere al merito”. Essa denota una distribuzione del potere basata sulla premessa che il merito derivi dalla combinazione di talento e impegno. Tuttavia, l'equazione non tiene conto delle condizioni iniziali degli individui, come le loro origini, il luogo di nascita, le circostanze scolastiche e familiari, eccetera, elementi che sono legati alla loro capacità di sviluppare l'unione ideale e “meritevole” tra intelligenza e sforzo.

Ad ogni modo, c’è un visibile fraintendimento su cui si basano molte posizioni contro la meritocrazia, secondo quanto afferma Maria Cristina Origlia. La visione del mondo come una “gara fratricida” tra coloro che ricoprono posizioni prestigiose e coloro che si trovano in posizioni svantaggiate «crea certamente una società ingiusta. Che, però, non è figlia di una visione meritocratica, semmai del suo stravolgimento», osserva Origlia.

I cambiamenti nel sistema socioeconomico verificatisi in tutto il mondo negli ultimi decenni, e in particolare in Italia, hanno assistito allo smantellamento delle politiche sociali, aprendo la strada all'accumulo eccessivo di patrimoni. Tra gli squilibri più rilevanti derivati di questo fenomeno si annoverano l'aumento della disoccupazione, la precarizzazione delle condizioni lavorative e l'impoverimento della popolazione, colpendo in modo significativo le donne e i giovani. Questo contesto sarebbe, secondo Maria Cristina Origlia, responsabile del fallimento di un sistema capace di promuovere l’equità sociale e di sviluppare e valorizzare le diverse capacità di ogni cittadino e cittadina.

Non per caso, l’Italia occupa l’ultimo posto tra 12 paesi europei nell’ottava edizione del Meritometro, un indicatore scientifico che genera una classifica sullo “stato del merito” nel continente. Ideato dal Forum della Meritocrazia in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, l’algoritmo del Meritometro si basa su dei pilastri che valutano la competitività e il benessere di un paese, cioè, se si creano condizioni favorevoli alla valorizzazione del capitale umano e lo sviluppo delle idee e dell’innovazione. Nell’ottava edizione del Meritometro, del 2022, Finlandia, Svezia, Norvegia sono al primo posto.

Secondo Origlia, un ordine democratico più giusto e inclusivo richiederebbe investimenti mirati e politiche specifiche in settori chiave come l'istruzione e la protezione sociale, volti a mitigare la concentrazione delle ricchezze e a ridurre il divario territoriale e di genere. «Un paese deve creare condizioni in cui l’accesso alle opportunità siano offerte a tutti, indipendentemente dalle condizioni di provenienze. Poi sta alle persone, in base al loro impegno, costruirsi una storia professionale di merito, di valore e di competenza», afferma.

LA MERITOCRAZIA E LE PMI

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Nonostante le sfide, quando si tratta delle dinamiche aziendali, la meritocrazia è profondamente intrecciata con la cultura, il che consente alle Pmi dabbracciare una mentalità meritocratica senza necessariamente dover effettuare grandi investimenti. La valorizzazione del capitale umano è strettamente legata alle persone coinvolte, in particolare agli imprenditori, sottolinea la giornalista. Esistono varie strade per creare ambienti più meritocratici fin dalla fase di selezione del personale. «Se i requisiti per una determinata posizione sono trasparenti e condivisi con tutta l'organizzazione, la scelta si baserà meno sulla conoscenza e sulla simpatia, e più sulle capacità del futuro impiegato», spiega Origlia.

La trasparenza, infatti, deve essere alla radice di tutti i processi. Anche le valutazioni di performance e le promozioni dovrebbero rispettare dei criteri condivisi e trasparenti, che tutti conoscono. «Se tutto il processo è trasparente, le persone accettano più volentieri un sistema così, basato sull’equità, e si ingenera più impegno e attrazione soprattutto dai giovani, che vogliono, aldilà di una retribuzione adeguata, ambienti più meritocratici in cui sono valorizzati», avverte Maria Cristina.

Considerando il funzionamento di Meritorg, un altro strumento del Forum della Meritocrazia progettato per mappare e misurare il merito nelle imprese, emergono cinque pilastri su cui un'azienda può fondarsi per creare un ambiente meritocratico sano ed efficace:

1) Pari opportunità: garantendo non solo l'accesso equo, ma anche condizioni professionali favorevoli per donne e giovani.

2) Qualità e sviluppo del capitale umano: impegnandosi nella crescita delle competenze del personale attraverso iniziative come formazione e collaborazioni con centri di ricerca, al fine di instaurare una cultura meritocratica prospera.

3) Capacità di attrarre e trattenere i migliori talenti.

4) Stabilimento di meccanismi di valutazione per le performance e la carriera: definizione di premi e promozioni in base a criteri di valutazione chiari.

5) Regole e trasparenza: applicazione di procedure di esplicitazione e rispetto delle regole aziendali, comprese certificazioni di qualità ed etica, bilancio sociale, autovalutazioni e altri strumenti.

Se si creano le dovute condizioni di pari opportunità a livello della società e se applicata adeguatamente nel contesto del mercato del lavoro, la meritocrazia, secondo la visione di Origlia, ha effetti trasversali, in quanto retro-alimenta un contesto di accessibilità delle opportunità per tutti, indipendentemente dalla condizione di nascita. «La valorizzazione di tutti i talenti non può che portare ricchezza e beneficio sia alle imprese che al Paese», conclude. Glória Paiva