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Essere sostenibili è un'opportunità anche per le Pmi. E il momento per diventarlo è oggi

Essere sostenibili è un'opportunità anche per le Pmi. E il momento per diventarlo è oggi
Transizione sostenibile

Le pratiche di sostenibilità crescono all'aumentare della dimensione dell'impresa. Lo certifica l'Istat nel suo ultimo report sul tema e lo conferma il libro bianco di Sda Bocconi  e Generali Fostering sustainability in small and medium-sized enterprises: solo il 13% delle Pmi europee (che costitusicono il 99% delle imprese della Ue e forniscono due terzi dei posti di lavoro nel settore privato) dichiara di aver intrapreso strategie di sostenibilità. In Italia burocrazia e costi elevati sono indicati come i principali ostacoli alladozione di pratiche green dal 52% delle aziende, mentre il 38% lamenta un mercato non ancora maturo per rispondere adeguatamente ai temi della sostenibilità.

Eppure, «la strategia green è quantomai cruciale e deve diventare prioritaria anche per le Pmi che, a oggi, non hanno ancora vincoli normativi stringenti come accade alle società quotate o a quelle con più di 250 dipendenti» avvisa Andrea Grieco, Head of Impact & SDGs Specialist di AWorld e Linkedin top voice sui temi green e climate change. Solo per le realtà produttive più grandi, infatti, si applica la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) che estende entro il 2024 il vincolo del reporting di sostenibilità non finanziaria a quasi 50mia aziende nellUe: oggi sono 12mila.

Andrea Grieco, come convincere le Pmi che la sostenibilità è un’opportunità?

Come tutte le realtà imprenditoriali di oggi, anche le Pmi devono innovare e andare nella direzione degli obiettivi di sostenibilità fissati dall’Agenda 2030. Sono 17 i “goal” di sviluppo che l’Onu ha previsto nel periodo 2015-2030 con lo scopo di integrare tutte le sfere della vita dell’essere umano: sociale, ambientale, economica. Un intero capitolo è dedicato alle imprese, anche alle medio-piccole, che investendo sulla sostenibilità ricaverebbero grandi benefici: dall’aumento dell’efficacia e dell’efficenza dei processi aziendali alla riduzione dello spreco di risorse, dall’abbattimento dei costi all’avanzamento digitale e tecnologico, che per esempio ottimizzerebbe la supply chain di tante piccole realtà. Non ultimo: la sostenibilità incide in modo positivo anche sulla reputazione delle Pmi verso tutti i suoi stakeholder e naturalmente porta ad aumentare le vendite, perché rende le aziende più concorrenziali, le mette in una posizione di privilegio rispetto alle realtà che sul mercato rimangono indietro.

I vantaggi sono indubbiamente tanti: quali invece gli ostacoli che tengono lontane le Pmi dalla rivoluzione green? 

Transizione sostenibile

Come riporta l’ultima analisi dell’Istat, all’aumentare della dimensione dell’impresa aumenta l’accountability e l’engagement sui tema della sostenibilità. Da sempre le Pmi hanno incontrato grandi difficoltà su queste tematiche perché a livello normativo sono percepite come piccoli centri che riescono a spostare l’interesse locale ma non sono in grado di spostare i grandi numeri come farebbe un’azienda leader. Lapproccio del legislatore comunitario è quello di incentivare maggiormente la piccola-media impresa nel creare una catena di valore nella sua cerchia ristretta, ponendole meno vincoli possibili. Un’arma, però, a doppio taglio perché non avendo troppi obblighi, molti si sentono liberi di non cambiare mai direzione. Anche se noto che negli ultimi anni, grazie anche a tanti ricambi generazionali all’interno delle imprese familiari, aumentano sensibilità e consapevolezza di dover integrare i processi green per essere più competitivi. Le Pmi possono contribuire moltissimo alla sostenibilità grazie alla catena di approvvigionamento localizzata. Penso per esempio al settore del fashion, dove il grande problema di certificare la sostenibilità è proprio nel controllo di tutta la filiera: le Pmi abbattono questo aspetto negativo perché hanno processi industriali più semplici e tracciabili.

Quali passi concreti dovrebbe fare una Pmi per diventare sostenibile?

Il primo è efficientare energicamente i propri impianti e passare a fonti di energia rinnovabile. Pianificare poi piccole azioni di politica circolare, di riciclo dei materiali di scarto che possono diventare beni riutilizzabili in azienda e non destinati alla discarica. Riorganizzare anche la propria comunicazione, affidarsi a uno storytelling che racconti meglio quello che già si fa o si è, magari anche puntando sul welfare offerto ai propri dipendenti e ai collaboratori. 

C’è qualche trappola in cui sarebbe meglio non cadere?

Transizione sostenibile

La tentazione del “greenwashing” accomuna sia le piccole sia le grandi aziende, si dovrebbe prestare attenzione a non esagerare nella comunicazione delle proprie azioni sostenibili quando queste sono limitate e non vengono poi mantenute nel tempo. È importante affidarsi a partner sul territorio che siano parte di una filiera etica e responsabile, perché deve essere l’obiettivo di tutta la catena. La sostenibilità, più che una semplice “visione”, deve diventare un processo di azione anche politica per il bene della collettività. Deve essere una strategia con un piano programmatico di lungo periodo, di almeno 5 anni. La sfida è normalizzare a livello aziendale le pratiche di sostenibilità che renderanno le imprese più competitive, credibili e appetibili agli stakeholder, ai clienti, ai servizi, nel commercio.

Deve quindi passare la visione che si perde a non investire sulla sostenibilità, che si rischia di rimanere indietro.

Certo, la sostenibilità va normalizzata, non è qualcosa che sia aggiunge “on top,” è una strategia che deve fare parte del tessuto aziendale, non un budget da destinare per qualche iniziativa e via. Sara Peggion 

 

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