La culla in azienda, i compiti scolastici sulla scrivania di papà, le vacanze estive in fabbrica, gli studi superiori o quelli universitari intercalati dai rumori della produzione, il nonno che ti insegna a “tirare di lima”, la passione che, in molti casi, è valore ereditario. Il passaggio generazionale, però, non è né naturale, né semplice e neppure immediato. A dirlo sono gli stessi imprenditori che, avendo respirato odori o fragranze dell’officina, sanno bene quanto sia difficile prendere le redini di realtà complesse sotto il profilo organizzativo e gestionale. Allora, il passaggio generazionale diventa strategico. Anche, e soprattutto, quando il fondatore dell’azienda deve decidere con la testa, e non con la pancia, se in famiglia c’è un erede che potrebbe prendere il suo posto. Ma il passaggio generazionale deve essere affrontato come un processo, e le sfumature sono molteplici. Eccole:
UN SOLO SUCCESSORE IMPEGNATO NELLA GESTIONE
L’imprenditore ha un solo figlio
L’imprenditore ha più figli. In questo caso può accadere che un solo figlio abbia manifestato interesse per entrare in azienda, solo uno è adatto ai ruoli di vertice, oppure l’imprenditore ritiene sia opportuno affidare l’azienda ad un solo figlio
DUE O PIÙ SUCCESSORI
Tutti i figli, o solo alcuni, vogliono entrare in azienda e dimostrano le capacità necessarie per ricoprire ruoli al vertice e frazionamento della gestione
Tutti i figli, o solo alcuni, dimostrano interesse ad entrare in azienda e hanno le capacità per ricoprire ruoli manageriali. Un solo, però, è il leader con deleghe esecutive
GLI ALTRI CASI
Passaggio generazionale che affida la gestione dell’impresa ad un manager non familiare (la proprietà resta in capo alla famiglia). Avviene quando gli eredi non dimostrano interesse, oppure nessuna attitudine alla leadership o, ancora, non hanno la giusta età per farsi carico degli impegni della gestione imprenditoriale. Può essere una scelta positiva perché da un lato si concede tempo ai giovani per acquisire le competenze necessarie, non li si costringe ad una scelta che potrebbe non fare per loro e, infine, si fa leva sulle competenze delle persone.
Passaggio generazionale con riassetti proprietari (intervento di soci che non fanno parte della famiglia). Si tratta di un’altra scelta positiva, perché evita divergenze di carattere imprenditoriale e non porta in azienda soggetti che non sono interessati a gestire un’azienda. Però, ci sono anche alcune criticità perché i riassetti proprietari richiedono risorse anticipate e interventi sullo Statuto aziendale. In questo caso, potrebbe essere necessario intervenire con scissione di rami d’azienda e assegnazione differenziata di quote o azioni.
Passaggio generazionale con vendita dell’azienda. Dare continuità ad una realtà che vanta anni, se non secoli, di storia e che nel tempo è cresciuta con forza sui mercati è un punto fermo di qualunque imprenditore. L’assenza di figli o di successori non adatti a ricoprire ruolo manageriali, le divergenze o i conflitti tra familiari considerati irrisolvibili, portano alla cessione dell’azienda ad un fondo di private equity o ad un acquirente privato.
Passaggio generazionale non programmato per gestire eventuali imprevisti. Un’improvvisa indisponibilità dell’imprenditore conduce a dover affrontare alcuni problemi: se non è ancora stato individuato un successore, se questo c’è ma non è ancora pronto per guidare l’azienda o se c’è competizione tra i figli, ma non ci sono regole chiare, ricorrere ad un manager esterno alla famiglia è fondamentale. Se l’imprenditore aveva già pianificato il passaggio, non ci saranno problemi. In caso contrario, si dovranno gestire gli eventuali conflitti.
Però, come ci si prepara al passaggio generazionale? Quali sono gli strumenti che nello stesso tempo danno sicurezza e serenità all’imprenditore e alla sua famiglia? Quali i passaggi ai quali dare maggiore attenzione?
Di questo ne parleremo nel prossimo articolo (1. Continua). Davide Ielmini