«Implementazione dei processi produttivi a un modello energetico efficiente e sostenibile»: una definizione che non lascia adito a dubbi, e scelta nelle indicazioni ufficiali che il Governo italiano fornisce per riassumere una formula citata e ripetuta nei giornali: "Transizione 5.0".
Un mantra, negli ambienti economici. Ma anche un piatto che vale 6,3 miliardi provenienti dal programma «Re Power EU», fondi che si sommano ai 6,4 miliardi già previsti per il piano "Transizione 4.0", dunque un totale di circa 13 miliardi nel biennio 2024-2025 a favore della transizione digitale e green delle imprese italiane.
In pratica rappresenta l'evoluzione delle industrie verso un paradigma produttivo altamente interconnesso, digitale e sostenibile. Questa fase va dunque oltre l'Industria 4.0, integrando non solo tecnologie avanzate ma anche un focus maggiore sulla sostenibilità ambientale, la responsabilità sociale e il benessere umano. Prima di affrontare qualche strada da percorrere per agire secondo questi obiettivi è bene capire quali sono i soggetti destinatari di questa misura che rientra nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (l’insieme di misure comunitarie seguite ai danni economici della pandemia), e quali sono i benefici in campo fiscale.
Lo dice il decreto legge 2 marzo 2024, n. 19: la misura si riferisce «a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell'impresa, che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici».
A queste imprese è dunque riconosciuto un credito d'imposta proporzionale alla spesa sostenuta per gli investimenti pari al:
35% della spesa per gli investimenti fino a 2,5 milioni; 15% della spesa per gli investimenti superiori a 2,5 milioni e fino a 10 milioni; 5% della spesa per gli investimenti superiori a 10 milioni e fino al limite massimo di 50 milioni di costi ammissibili per anno per ciascuna impresa beneficiaria. Il piano incentiva l’acquisto di beni materiali o immateriali "4.0" (con le caratteristiche del piano 4.0), interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura, a condizione che conseguano complessivamente una riduzione dei consumi energetici pari almeno al: 3% a livello di unità produttiva localizzata sul territorio nazionale oppure 5% a livello di processo produttivo interessato dall’investimento.
Ma a questo punto una domanda regna sovrana: siamo pronti? E, soprattutto: in che modo le piccole e medie imprese devono prepararsi, quali strategie devono seguire per cogliere le opportunità offerte da questa trasformazione?
Prima di intraprendere qualsiasi iniziativa, è essenziale che le Pmi conducano un'accurata valutazione della loro prontezza digitale. Questo processo comprende alcuni passi come l'analisi delle infrastrutture esistenti, cioè esaminare le attuali tecnologie e i sistemi informatici per identificare eventuali lacune, oltre alla valutazione delle competenze: analizzare cioè le competenze digitali del personale per comprendere quali aree necessitano di formazione. Sul piano produttivo, occorre determinare quali processi aziendali possono beneficiare maggiormente dalla digitalizzazione e dall'automazione.
Le Pmi devono identificare e investire in tecnologie che facilitano la Transizione 5.0 come intelligenza artificiale e machine learning, strumenti cioè che possono migliorare l'efficienza operativa e offrire analisi predittive - vedi internet delle cose (IoT) che permette di monitorare e ottimizzare i processi produttivi - o blockchain, cioè tecnologie per garantire la trasparenza e la sicurezza delle transazioni.
Anche la realtà aumentata e virtuale è utile per implementare formazione, manutenzione e progettazione.
La Transizione 5.0 enfatizza l'importanza della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale, e quindi gli attori economici devono essere pronti a implementare pratiche sostenibili: ridurre l'impatto ambientale attraverso l'uso efficiente delle risorse, il riciclo e l'adozione di energie rinnovabili. Per quanto riguarda la responsabilità sociale d'impresa la strada da seguire riguarda iniziative che contribuiscano al benessere della comunità e migliorino le condizioni di lavoro dei dipendenti.
Il capitale umano è al centro della Transizione 5.0. Le imprese devono investire nella formazione continua dei propri dipendenti in competenze digitali, «soft skills» (miglioramento delle competenze trasversali come il problem solving), e cultura dell’innovazione.
La Transizione 5.0 richiede una collaborazione tra diverse aziende e settori. Le Pmi possono dunque puntare sula partecipazione a reti di innovazione, o collaborare con università, centri di ricerca e altre imprese per condividere conoscenze e risorse. Ma anche adottare modelli di business collaborativi, come considerare partnership e alleanze strategiche per affrontare insieme le sfide della trasformazione digitale.
Infine, è cruciale che le aziende sviluppino un piano strategico dettagliato per guidare la loro transizione. Questo piano deve includere: obiettivi chiari e misurabili come stabilire obiettivi specifici e realizzabili per ogni fase del processo; sfruttare indicatori di performance per apportare eventuali correzioni di rotta; raccogliere feedback dai dipendenti e dai clienti per migliorare continuamente i processi e le strategie adottate.
La Transizione 5.0 offre insomma alle piccole e medie imprese l'opportunità di rinnovarsi, crescere e prosperare in un contesto economico sempre più digitale e sostenibile. Prepararsi adeguatamente a questa evoluzione richiede un approccio strategico, investimenti in tecnologia e formazione, e un impegno verso la sostenibilità e la responsabilità sociale. Andrea Camurani