Strategia energetica: le Pmi non possono più rimandare
Diagnosi obbligatorie in arrivo, tassa CO2 sui distributori dal 2026, addio alla cogenerazione entro il 2030. I docenti dell'Insubria spiegano perché serve un piano ora

Spesso impegnati nell'affrontare il quotidiano, con le sue problematiche e nello star dietro a una legislatura in continuo cambiamento e difficile da comprendere, gli imprenditori possono rischiare di sottovalutare la questione energetica. Quante volte, in questi anni, si è sentito dire “Costa troppo”, senza che la politica riuscisse a risolvere il problema del costo? Ecco perché alle imprese conviene avere una strategia sull'energia, soprattutto in vista dei cambiamenti in arrivo nei prossimi anni.
Lo sostiene Gianluca Ruggieri, docente di Fisica tecnica ambientale all'università dell'Insubria. E probabilmente ciò, come avvenuto già per altri ambiti, diventerà obbligatorio anche per le Pmi dopo che un analogo percorso è stato svolto dalle industrie più strutturate: «Già oggi – spiega il professor Ruggieri - le grandi imprese e le aziende energivore hanno l'obbligo di redigere delle diagnosi energetiche periodiche ogni 4-5 anni, attraverso una metodologia consolidata e propedeutica a un piano di interventi da compiere. Enea sta già studiando un programma per adottare queste strategie anche per le Pmi, in maniera chiaramente più semplificata ed economica».
Insomma, bisogna prepararsi anche perché, oggi, alcune Pmi sottovalutano la questione dell'efficientamento energetico: «Spesso – aggiunge Ruggieri – imprenditori e dirigenti hanno convinzioni molto solide su come pensano di usare l'energia in azienda, poi si effettuano delle misure e i risultati che escono sono decisamente diversi. Alla luce di ciò è invece fondamentale conoscere la situazione all'interno della propria azienda per delineare delle strategie che abbiano costi e benefici. In una stagione dove i costi del gas e dell'elettricità sono molto alti, vari interventi hanno il vantaggio di avere dei tempi di ritorno, che sono l'ossessione di chi investe, molto convenienti rispetto a quanto avveniva 5-6 anni fa». Senza contare, come aggiunge il docente collega Fabrizio Fattori, sempre dell'università dell'Insubria che «dal 2026, anche i distributori di energia elettrica e di gas dovranno pagare la tassa sulla Co2 e, quindi, ciò si ripercuoterà su chi consuma questo tipo di energia».

Inoltre, come aggiunge il professor Ruggieri, oltre alla prosecuzione di una stagione di installazione di fotovoltaico per l'autoconsumo, a seconda delle superfici a disposizione per installare i pannelli, «dall'altra avremo un grande lavoro sul termico». Chiaramente le Pmi non sono acciaierie, fonderie e raffinerie, quindi si parla di calore a bassa e media temperatura. Ugualmente, per le Pmi, esistono delle soluzioni interessanti per quanto concerne le pompe di calore che possono essere utilizzate per scaldare gli ambienti e per il calore di processo.
Per quanto riguarda gli investimenti sulla cogenerazione, invece, per il professor Fattori «può avere senso fino al 2030, ma a un certo punto si dovrà abbandonare la cogenerazione perché l'obiettivo 2050 è di arrivare a emissioni zero e, quindi, il gas naturale andrà eliminato. Quando arriverà questo momento? Dipende dalla vita utile di questi asset che l'azienda va a installare ed è quindi difficile da capire anche perché l'alternativa potrebbe essere l'idrogeno che, però, a oggi non ha sempre senso». (4. continua). Nicola Antonello