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Strategie contro la crisi della manifattura: si parte da ESG e dimensioni

Strategie contro la crisi della manifattura: si parte da ESG e dimensioni
Crisi manifattura industria manifatturiera

Molte piccole medie imprese oggi si trovano a vivere le difficoltà di un comparto chiave come quello della manifattura. Le aziende medie e medio-grandi stanno affrontando sfide significative, con ripercussioni profonde anche sulle più piccole.

Ma come possono queste ultime affrontare la situazione? Ne abbiamo parlato con il professor Marco Perona docente di Logistica industriale alla facoltà di Ingegneria dell’università di Brescia.

LA CRISI DEL MANIFATTURIERO

Tra i motivi alla base della crisi del manifatturiero – spiega Perona – impossibile non considerare la situazione internazionale, con due grossi conflitti a livello mondiale e un anno, il 2024, decisamente incerto dal punto di vista politico (elezioni in Francia, nel Regno Unito e negli Usa). Inevitabile che anche l’economia attenda cosa succede nella politica prima di muoversi. Ci sono poi anche aspetti più specifici, a partire dal calo del boom della cosiddetta “industria 4.0” sino alle contrazioni di alcuni settori, ad esempio l’automotive.

«Indubbiamente gli effetti di queste contrazioni si stanno facendo sentire, anche se in certi casi “a scoppio ritardato” – prosegue Perona - L’industria italiana in generale produce componenti e materiali che vengono poi impiegati da grandi attori per realizzare i propri prodotti finiti. Pertanto, le ondate di crisi che investono i settori finali toccano le imprese produttrici di materiali, componenti e sottogruppi in maniera leggermente ritardata».

«In taluni casi l’effetto del calo del mercato finale può essere moderato tenendo conto che il medesimo componente può essere impiegato come parte di ricambio oltre che come primo equipaggiamento. Un’altra strategia per ammortizzare il calo sarebbe riuscire a servire diversi clienti finali, o come settori di sbocco oppure come mercati geografici».

NON È PIÙ IL TEMPO DI “PICCOLO È BELLO”

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«Competere in una economia globale richiede sempre più economie di scala, forza economica e finanziaria, competenze specialistiche: tutte caratteristiche che richiedono dimensione. Non sono più i tempi in cui "piccolo è bello", insomma».

Ma che strategie possono mettere in campo le Pmi più piccole per affrontare la questione?

«Nessuna azienda ha scritto nel proprio Dna di dover restare piccola – spiega - Frequentemente però sono state tenute sottodimensionate per leggi e mentalità. Ma che succederebbe se le imprese di uno specifico distretto produttivo si unissero in un’unica entità con molti soci? Anzitutto si raggiungerebbero dimensioni utili per competere; in secondo luogo, si risolverebbe il ricorrente problema dell’imprenditore solo al comando, senza punti di riferimento e senza contenzioso, ma le imprese potrebbero essere guidate da un gruppo di co-imprenditori, ciascuno con le proprie capacità e i propri compiti. In sintesi, il messaggio per coloro che ritengono la loro dimensione un limite è: unitevi, acquistatevi, vendetevi, e smetterete di essere piccole imprese».

Ci sono poi altri accorgimenti che possono essere molto utili per affrontare le sfide del presente e del futuro.

DIVERSIFICARE

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Più un’impresa è in grado di servire clienti diversi, meno sarà soggetta alla crisi di uno specifico cliente, settore e Paese.

«A volte si tendono a chiudere le linee di business meno remunerative per dedicarsi al 100% a quelle più redditizie. Una strategia che può premiare nell’immediato, ma non bisogna dimenticarsi che nel medio-lungo le cose potrebbero cambiare».

FORMAZIONE

Investire sulla formazione non è mai sbagliato, ma è una pecca del nostro Paese. L’Italia ha una percentuale di laureati pari a circa il 30% nella fascia d’età tra i 25 e 35 anni, contro un 50-60 delle altre economie europee.

«Qui il messaggio da rivolgere ai piccoli imprenditori è di privilegiare le persone con una solida e approfondita base formativa, a cominciare dai loro figli, che spesso lavorano nell’azienda di famiglia».

SOSTENIBILITÀ

Impossibile poi non parlare di sostenibilità e dello “tsunami” Esg.

«Le imprese che non riusciranno a compiere questa riconversione verranno progressivamente espulse dal mercato: saranno proprio le aziende clienti a escluderle, preferendo altri produttori sostenibili – spiega Perona - Innanzitutto occorre essere sostenibili, e in secondo luogo bisogna anche saperlo documentare. Forse questa è una delle sfide più serie per le Pmi».

INVESTIRE SUI SERVIZI

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Tradizionalmente le imprese hanno da sempre il mantra del prodotto.

«La modernità suggerisce però di associare all’eccellenza del prodotto anche una piattaforma di servizi che ruotano attorno, abilitano e sono abilitati dallo stesso. Per fare un esempio: se una Pmi fa sistemi di automazione per acciaierie, una cosa è vendere l’automazione di una acciaieria da prato verde (green field), un’altra è farlo dal cosiddetto brown field (retrofitting), un’altra cosa ancora è farlo fermando l’impianto per sole 2 settimane perché lavoro 24/7 e un’altra ancora è farlo durante le vacanze di Natale. Se vendo valorizzando solo il prodotto allora queste quattro prestazioni hanno tutte lo stesso prezzo: ma certamente per un cliente finale non hanno tutte il medesimo valore».

LAVORARE SUL MEDIO-LUNGO TERMINE

Lavorare su questi aspetti rappresenta una sfida importante e complessa.

«Ogni piccolo imprenditore ha idee, mentalità, sensibilità. Molti sono bravi a “navigare” nelle difficoltà dell’oggi trovando soluzioni pratiche e originali, ma bisogna affiancare anche strategia e visione di medio e lungo termine – conclude - Una delle ricadute dell’avere aziende più grandi sarebbe inoltre la costituzione di una prima linea di manager professionali che sgravino gli imprenditori dall’operatività del “giorno per giorno”, liberando risorse chiave per ridisegnare strategicamente le imprese nel medio-lungo termine». Tomaso Garella